di Mauro Seminara
Diciassette eventi tra sbarchi da motovedette che intervengono all’ultimo breve tratto di traversata e sbarchi autonomi. Lampedusa bersagliata da traffico di persone migranti cui vengono categoricamente precluse le vie d’accesso – o di fuga – legali e rimangono costrette alla traversata letale del Mediterraneo centrale. Le navi delle Ong, fatta eccezione per la nuova entrata “Geo Barents” di Medici Senza Frontiere, sono tutte ferme per quella dubbia applicazione delle risultanze di “Port State Control” degni di accanimento contro i soccorritori di naufraghi. Non ci sono quindi navi da soccorso nel Mediterraneo centrale che è quindi diviso in due macro aree: la parte sud, che si estende per circa 70 miglia nautiche, è area di respingimenti per procura (operati dai libici) e la parte superiore è mare di nessuno. Dalla fine di quell’area, che l’agenzia internazionale marittima (IMO) ha avuto il coraggio di affidare per responsabilità SAR (ricerca e soccorso) a non si sa quale Libia, e fino alle acque territoriali italiane di Lampedusa – che quasi coincidono con la SAR zone italiana – non ci sono più interventi di ricerca e soccorso ad opera di assetti navali governativi.
Di contro, il traffico aereo è sempre più intenso ed anche il drone entrato in servizio per l’agenzia europea Frontex sorvola per giornate intere il Mediterraneo centrale avvistando ogni singolo natante in rotta verso nord. A questi avvistamenti, con conseguenti segnalazioni alle autorità marittime nazionali che si affacciano su questa regione del Mediterraneo, una volta fuori la SAR libica nessuno interviene per scampare il concreto rischio di naufragio. E la strage non è una ipotesi che i fatti, negli anni, non sono in grado di convalidare. A questo gravissimo rischio si aggiunge la farraginosa gestione di interventi quasi esclusivamente entro le 12 miglia che stressano non poco gli equipaggi delle motovedette e anche la stessa Lampedusa, hub mediterraneo di quasi tutto il flusso migratorio proveniente da Libia e Tunisia.
Lampedusa è stata quindi raggiunta da sedici barche. Di queste, due hanno fatto il loro pacifico approdo senza intervento di motovedette. Dei sedici eventi registrati, nelle prime 22 ore della giornata del 12 giugno, nove sono partite dalla Libia e sette dalla Tunisia. Le partenze libiche hanno rispettato tutte la consueta media di persone a bordo. In ordine di arrivo erano infatti sui natanti salpati dalle coste di Zuwara e Zawiya rispettivamente 88, 11, 80, 24, 73, 88, 32, 113 e 124. Complessivamente 647 persone che hanno lasciato la Libia e non sono state raggiunte dalle motovedette libiche impegnate con la cattura di altre barche cariche di migranti partite tra ieri ed oggi. A queste si è aggiunta dopo le dieci di sera un’altra barca con circa cento persone a bordo che ha completato così quota mille prima della mezzanotte.
Tra le barche partite dalla costa della Libia non c’erano soltanto i soliti barconi carichi di profughi disperati che sono passati dalle mani dei soliti trafficanti di una rete criminale che missioni militari internazionali e droni e milioni di euro non riescono a sgominare in un Paese di circa sei milioni di abitanti. Una barca, ad esempio, aveva a bordo un cittadino libico e migranti di nazionalità egiziana tra le undici persone arrivate a Lampedusa. Altre imbarcazioni erano composte di 24 e 32 persone, con nazionalità a bordo miste come per i barconi da 113 e 124. A fronte dei circa 650 profughi arrivati dalla Libia, Lampedusa ha oggi registrato un incremento degli arrivi dalla Tunisia con un totale di 254 persone.
Dalla vicina Tunisia i soliti barchini con numeri ridotti a bordo, ma un evento oggi ha drasticamente alzato la media. Si tratta di un peschereccio con 183 persone a bordo. Partito dal porto tunisino di Sfax è il quindicesimo sbarco della intensa giornata lampedusana. Le motovedette intervenute, in una delicata operazione hanno dovuto “alleggerire” il gremito motopesca con un trasbordo di almeno la metà dei migranti. Non è difficile ormai pronosticare che neanche in questo caso l’ufficio comunicazione del Comando generale delle Capitanerie di Porto non terrà fede a quanto previsto dal “Piano SAR” e non comunicherà quindi nulla alla stampa considerando quindi anche il trasbordo dal peschereccio una ordinaria operazione di “Law enforcement” e non un intervento di ricerca e soccorso con annesso laborioso trasbordo. Attendiamo però fiduciosi il prossimo servizio su tartarughe o balenotteri o cozze e mitili vari a beneficio di cronaca.