di Mauro Seminara
Si è tenuto ieri il “Question time”, la facoltà del parlamento di interrogare il governo o parte di esso ottenendo una risposta immediata, nel corso del quale il ministro dell’Interno ha risposto al senatore De Falco riguardo alle criticità riscontrate da quest’ultimo nel corso di una sua visita ispettiva a Lampedusa. L’intervento del ministro Luciana Lamorgese non ha reso una risposta esaustiva, come lo stesso senatore Gregorio De Falco ha puntualizzato nel corso della sua replica. Ma tra le parole del ministro sono comunque tornate criticità invece che rassicurazioni. Una di queste, offerta come spiegazione per il ritardo – o ostruzionismo alla visita ispettiva – con cui il parlamentare ha potuto visitare il centro per migranti di Lampedusa, è stata l’esistenza di una emergenza sanitaria all’interno della struttura. Emergenza sanitaria della quale il ministro non ha però definito la natura. Una risposta accorta quella di Lamorgese, che omettendo di precisare un eventuale riferimento a casi Covid-19 ha quindi evitato ti chiarire come e perché dalla struttura di accoglienza con focolaio attivo sono state trasferite persone, a centinaia, con la nave di linea sulla quale prendono posto anche residenti e turisti.
Di contro, sarebbe davvero difficile pensare che per una emergenza sanitaria definibile come un malore di uno dei migranti si possa motivare il diniego per l’accesso di un parlamentare nell’esercizio delle proprie funzioni e, soprattutto, delle proprie prerogative. La condizione di particolare sovraffollamento dell’hotspot di Lampedusa verificatasi il giorno in cui De Falco intendeva accedervi, ha spiegato in aula il ministro Lamorgese, “rendeva controindicato, anche per ragioni sanitarie, il richiesto accesso”. Una controindicazione a fronte di una richiesta che il senatore De Falco, in replica, ha ribadito essere comunicazione in Prefettura e non richiesta di autorizzazione. Il nocciolo dell’interrogazione firmata dai senatori De Falco, Nugnes, De Bonis e Fattori rimaneva incentrata sulle condizioni di trattenimento dei cosiddetti “ospiti” all’interno della struttura della quale – e nella quale – il parlamentare ispettore non ha trovato un regolamento.
La questione della facoltà di uscire dalla struttura durante il periodo di soggiorno delle persone migranti è stata affrontata dal ministro in apertura del proprio intervento. In vero, una risposta che non ha realmente risposto a quanto depositato ed in parte spiegato a voce, in aula, dall’interrogante. “Sono strutture previste dal diritto eurounitario già da qualche anno” gli hotspot, ha spiegato Lamorgese precisando che questi “non rappresentano in alcun modo delle strutture detentive”. Questa frase è stata anche sottolineata dal ministro, a completamento, con un “cioè strutture nelle quali il migrante venga privato della sua libertà personale”. Le strutture per migranti in cui la libertà è limitata, ha spiegato poi Lamorgese, sono le strutture definite CPR (centri per il rimpatrio) e non certo gli “hotspot”. Ma la risposta del ministro includeva anche una spiegazione a margine, non buttata a caso, che in qualche modo sembrava voler includere una giustificazione al “contenimento” dei migranti all’interno della struttura di contrada Imbriacola in Lampedusa. “Negli hotspot, tuttavia, vengono effettuate quelle operazioni di polizia, identificazione, fotosegnalamento, rilevazione delle impronte digitali, per il loro inserimento nella banca dati EuroDac, come impone il regolamento dell’Unione europea a protezione delle frontiere esterne, e di soccorso e screening sanitario che richiedono il trattenimento del migrante per un limitatissimo periodo di tempo necessario all’espletamento delle predette funzioni”, ha spiegato Luciana Lamorgese in Senato.
Quindi, come ha risposto in aula il ministro Lamorgese al senatore De Falco, dall’hotspot si può uscire ma solo dopo che la polizia ed il personale sanitario hanno terminato le proprie funzioni. Esercizio delle funzioni che però non sembrano avere un regolamento che le limiti nel tempo, magari entro le 48 ore come nel caso di trattenimento da parte di forze di polizia senza l’autorizzazione di un magistrato. Inoltre, pare essere sfuggito al ministro, nel corso della sua risposta, che intorno al centro di accoglienza di Lampedusa – l’hotspot del “diritto eurounitario” – ci sono militari a perimetro che neanche intorno ad una base missilistica e che da anni tutti sanno che da quella struttura si esce solo arrampicandosi su un muro che ha sopra una rete con un buco tra le proprie maglie, e non certo dal cancello come si dovrebbe in caso di “non limitata libertà personale”. Cade invece nel vuoto il riferimento al “modello C3” contenuto nell’interrogazione parlamentare che il senatore De Falco, con il tempo a disposizione (2 minuti), non ha fatto in tempo a leggere e che il ministro Lamorgese non ha forse ritenuto necessario rispondere pur conoscendo il testo dei quesiti per i quali era stata convocata in aula. Ha glissato, il ministro, circa le minacce subite dalla collaboratrice del senatore, l’avvocato Alessandra Ballerini. Ad un prossimo approfondimento rinviamo invece la citazione delle organizzazioni citate dal ministro, con le quali il suo ministero afferma aver sottoscritto convenzioni, che assicurano tutela e sostegno del migrante: Unhcr, Oim, Save the Children e Medici Senza Frontiere.
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