di Mauro Seminara
Il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, in collegamento con il parlamento tedesco, ha ricordato questa mattina facendovi riferimento per analogie con la guerra in Ucraina. Ieri aveva tenuto un collegamento anche con il congresso americano, dove ha proposto come parallelismo l’11 settembre. Manca però sempre, dal racconto di questa atrocità militare, il motivo per cui l’Ucraina non intende rinunciare all’adesione alla Nato che costituirebbe si un nuovo muro di Berlino, ma al confine est dell’Ucraina e dando il via ad una guerra fredda che distruggerebbe l’attuale equilibrio economico globale. Zelensky ha affermato in collegamento con la Germania che l’Ucraina sta combattendo per la propria libertà. Non precisando se quella di entrare in Unione europea o nella Nato, ma alludendo al fatto che l’oppressione subita dalla Russia in passato non sarebbe stata di sola natura economica. Lo scontro riecheggia ormai anche in ogni intervento che il presidente ucraino tiene nei suoi collegamenti con i paesi membri dell’Alleanza atlantica.
Dall’altra parte c’è lo Zar, il presidente russo Vladimir Putin. I suoi collegamenti sono sempre più limitati. L’aggressione ad uno stato sovrano avviata la notte tra il 23 ed il 24 febbraio è stata trasversalmente condannata come era opportuno ed inevitabile. Che quello russo sia stato un atto di guerra è fuori di ogni dubbio. Anche i suoi più ferventi sostenitori europei, conquistati negli anni con grande sforzo, in questo momento taccio o si uniscono timidamente al coro di chi indica Putin come il nuovo Hitler. E per quanto la Russia stia impegnando, ancora dall’inizio dell’invasione dell’Ucraina, soltanto vecchi armamenti e senza mai mostrare il vero livello offensivo, queste più sofisticate e letali armi segrete sarebbero però utilizzabili unicamente in caso di confronto diretto con altra superpotenza militare. Quindi con l’orologio della storia a pochi secondi dalla mezzanotte.
L’altra forza, per inciso, è la Nato che Zelensky continua ad ambire rifiutando anche un accordo di cessate il fuoco per una militarizzazione autonoma ed indipendente dell’Ucraina in stile Austria. Il punto di partenza per un fattibile vero negoziato era infatti la rinuncia alla Nato da parte di Kiev, e già ieri pomeriggio il presidente ucraino aveva annunciato che questo presupposto sarebbe stato per il suo paese inaccettabile. Nel frattempo in Ucraina arrivano armi di ogni sorta, dai missili Javelin alle forze addestrate fino ai mitragliatori Ak47 Kalashnikov che finiscono nelle mani di civili. Ad ogni rifiuto di Zelenzky però arriva un inasprimento degli attacchi di Putin, e le bombe esplodono sotto l’eco delle sirene di allarme aereo.
Uno scontro, con armi datate quindi ancora più pericolose per la propria imprecisione, che si sta estendendo al confine ovest e sud, rispettivamente con la Polonia e la Moldova, ma anche verso la Bielorussia. Ed in questo caso, viste le esplosioni registrate oltre il confine, si prospetta una estensione del conflitto a macchia d’olio sul suolo europeo. I residenti delle città bielorussia di Slutsk, Kletsk, Baranavichy, Stolin, Hantsavichy, Luninets, sostengono di aver sentito forti esplosioni questa notte. Nel frattempo la Moldova intima “il ritiro completo ed incondizionato delle truppe” russe dal confine, dove sono intensi gli scontri tra l’esercito di Putin e quello di Zelensky. Ma forse non solo tra queste parti, perchè il confine in questione corrisponde ad una regione separatista della Moldova . Sul fronte ucraino invece sono confermati gli scontri nella regione di Dnipropetrovsk, dove sulle truppe russe sarebbero piovuti missili Grad e dove pare sia stata danneggiata una stazione di pompaggio acqua, ed anche l’offensiva contro Kiev, ormai accerchiata ma difesa.