Il mese appena trascorso pone le basi ad una quasi certezza: il 2023 potrebbe essere l’anno più caldo da 125.000 anni, e ad affermarlo sono i ricercatori del Copernicus Climate Change Service, l’agenzia dell’Unione europea per il monitoraggio climatico e dei suoi cambiamenti. Questa (quasi) certezza, manifestata oggi dal team del Copernicus, è la conseguenza dei dati posti in evidenza sul mese di ottobre racchiusi nel bollettino mensile. I punti salienti esposti oggi evidenziano come ottobre 2023 è stato l’ottobre più caldo mai registrato a livello globale, con una temperatura media dell’aria superficiale di 15,3 gradi Celsius, e le precipitazioni sono state superiori alla media in gran parte dell’Europa. La tempesta Babet ha infatti colpito l’Europa settentrionale e la tempesta Aline ha colpito il Portogallo e la Spagna, portando entrambe forti precipitazioni e inondazioni.
Il ghiaccio dell’Artico sotto media del 12%
Il surriscaldamento globale viene inoltre evidenziato dal livello del ghiaccio artico, del 12% al di sotto della media, che ha raggiunto il settimo valore più basso della storia per il mese di ottobre. Samantha Burgess, vicedirettore di Copernicus Climate Change Service (C3S), ha definito l’anomalia climatico del mese appena trascorso come “molto estrema” ed ha quindi posto l’attenzione sul record di temperatura precedentemente fissato da ottobre 2019 adesso battuto di 0,4 gradi Celsius, “il che – ha affermato Burgess – è un margine enorme”. I dati a disposizione dei ricercatori dell’Unione europea del C3S vanno a ritroso fino al 1940, per ulteriori comparazioni vengono quindi presi in considerazione quelli del IPCC, il gruppo di ricerca intergovernativo sul cambiamento climatico delle Nazioni Unite.
Inondazioni e incendi, dai dati C3S e IPCC un futuro devastante
“Quando combiniamo i nostri dati con quelli dell’IPCC – ha spiegato Samantha Burgess – possiamo dire che questo è l’anno più caldo degli ultimi 125.000 anni”. I fenomeni estremi, sempre più distruttivi, amplificati dal cambiamento climatico si sono concretizzati in modo visibile per l’intero pianeta con le inondazioni che hanno ucciso migliaia di persone in Libia, le gravi ondate di caldo in Sud America e la peggiore stagione di incendi mai registrata in Canada. Altri intensi fenomeni, fortunatamente meno devastanti, si sono registrati in ogni parte del globo ed anche in Italia, con recenti nubifragi devastanti in Lombardia e Toscana e con gli incendi che questa estate e fino a settembre hanno incenerito una buona parte del verde della Sicilia.
El Nino, quando arriva lascia segni su tutto il pianeta
Il precedente record di caldo risale al 2016, altro anno in cui nell’Atlantico soffiò forte El Nino. Questo è il nome del fenomeno di surriscaldamento delle acque dell’Oceano Pacifico centromeridionale e orientale nei mesi di dicembre e gennaio, che si manifesta poi con il vento caldo che attraverso l’oceano Atlantico raggiunge l’Europa ed in generale influenza il clima su scala globale. “La maggior parte degli anni di El Nino – ha spiegato Michael Mann, climatologo presso l’Università della Pennsylvania – sono ormai da record, perché il calore extra globale di El Nino si aggiunge alla costante rampa del riscaldamento causato dall’uomo”. El Nino aveva già manifestato la sua influenza sul clima nel mese di settembre dello stesso 2023.
Record dopo record, il rischio di una nuova normalità
“Settembre ci ha davvero sorpreso”, ha affermato Samantha Burgess. Il vicedirettore del Copernicus Climate Change Service ha inoltre spiegato che quindi, “dopo il mese scorso è difficile determinare se siamo in un nuovo stato climatico. Ma ora i record continuano a crollare e mi sorprendono meno di quanto facevano un mese fa”. Settembre era stato appunto un mese record che aveva battuto precedenti record, ed adesso il susseguirsi di livelli più estremi straccia rapidamente i livelli record precedentemente segnati. Il rischio è quindi di un rapido avvitamento con conseguenze catastrofiche per l’intero pianeta. “Non dobbiamo lasciare che le devastanti inondazioni, gli incendi, le tempeste e le ondate di caldo osservate quest’anno diventino la nuova normalità”, ha affermato Piers Forster, climatologo presso l’Università di Leeds. “Riducendo rapidamente le emissioni di gas serra ha aggiunto Forster – nel prossimo decennio, possiamo dimezzare il tasso di riscaldamento”.