“Il presidente (degli Stati Uniti, ndr) non ha priorità più alta di quella della sicurezza del personale degli Stati Uniti, ed ha diretto l’azione di oggi per chiarire che gli Stati Uniti difenderanno se stessi, il loro personale e i loro interessi”. Lo ha dichiarato ieri il segretario alla Difesa degli Stati Uniti Lloyd Austin per spiegare i due attacchi aerei in Siria. Il raid aereo ordinato dalla Casa Bianca, ha spiegato il Pentagono, è la risposta ad una serie di attacchi rivolti contro le forze americane ancora presenti in Siria. Secondo gli Stati Uniti, per voce del segretario alla Difesa, i colpi sferrati hanno preso di mira una struttura di addestramento vicino alla città di Albu Kamal e una casa sicura vicino alla città di Mayadeen e la matrice degli attacchi subiti dalle forze americane è da attribuire all’Iran ed a milizie alleate con Teheran. dal fronte opposto, milizie sostenute dall’Iran denunciano una corresponsabilità degli Stati Uniti nella guerra che Israele ha condotto contro il gruppo militante palestinese Hamas, anch’esso sostenuto dall’Iran.
Fonti locali dell’agenzia di stampa internazionale Reuters hanno riferito “che gli attacchi hanno preso di mira un campo gestito da milizie filo-iraniane in un’area a ovest di Albu Kamal, nella provincia di Deir al Zor” e anche che un altro attacco “è avvenuto nei pressi di un ponte vicino alla città di Mayadeen, prossimo al confine iracheno e roccaforte delle milizie filo-iraniane”. L’attacco subito dagli Stati Uniti in Siria, spiega l’agenzia di stampa, “è il terzo dal 26 ottobre, mentre gli Stati Uniti tentano di sedare ondate su ondate di attacchi con droni e razzi contro le truppe americane in Siria e Iraq, innescati dalla guerra tra Israele e Hamas”. Almeno 45 soldati statunitensi – sostiene il Pentagono – hanno subito lesioni cerebrali traumatiche o ferite minori” nel corso dei circa quaranta attacchi subiti “nelle ultime settimane” in Iraq e Siria.
La presenza militare americana in Iraq e Siria è ancora importante e poco gradita dai rispettivi territori. In Iraq – Stato attaccato dagli Stati Uniti con due guerre che hanno condotto alla deposizione del leader Saddam Ussain, processato ed impiccato nel giro di un mese dalla cattura e oltre un milione di vittime conseguenti una risoluzione basata sulla menzogna delle armi di distruzione di massa irachene – gli Stati Uniti hanno ancora oggi un contingente di 2.500 soldati. In Siria, dove il tentativo di intervento militare a senso unico è stato scalzato da un accordo anti terrorismo USA-Russia nel 2011, gli States hanno ancora 900 soldati sul campo. Il motivo di questa presenza militare nei due paesi mediorientali è, secondo gli Stati Uniti, la prevenzione di una possibile rinascita dello Stato islamico.
Nel frattempo, come riporta nella stessa giornata di ieri il quotidiano russo Interfax citando il vice capo del Centro di riconciliazione russo per la Siria, “le forze russe hanno ucciso 34 combattenti e ne hanno feriti più di 60 in attacchi aerei contro obiettivi nel governatorato di Idlib, in Siria”. In Siria quindi la guerra al terrorismo va avanti con forze militari in campo di due opposte forze armate. Combattono infatti sia l’alleato e protettore siriano, la Russia, che l’avversario della Russia in Ucraina, cioè gli Stati Uniti. Nelle ultime settimane il Pentagono aveva inviato la portaerei Eisenhower con relativa flotta al di là del Canale di Suez, ordinando al contempo alla portaerei Ford e relativa flotta di prolungare la propria missione nel Mediterraneo. L’escalation cui si assisteva in Ucraina, con la nuova corsa agli armamenti dei vari blocchi, dopo la guerra Israele-Hamas ha visto una impennata critica su altri fronti. Tutti potenziali cause di pericolosi incidenti in un’area che è ormai sempre più una polveriera.
Le attività militari americane in Siria si traducono in raid aerei nelle immediate vicinanze del Libano (che confina con la Siria ad ovest), che attualmente è coinvolto nello scontro Israele-Hamas con gli Hezbollah schierati contro lo Stato di Israele. A sud della Siria c’è poi la Giordania e la Cisgiordania, quindi Israele. Subito ad ovest, oltre una breve separazione concessa dal mare, si trova Cipro con la sua importante base militare del Regno Unito che non vede mai sosta ed è infatti costantemente interessata da voli cargo militari adibiti al trasporto di mezzi e truppe. In mare poi c’è un grandissimo traffico di flotte di superficie e sottomarine. Ogni attore è adesso armato su più fronti contemporaneamente, e la speranza è ormai solo quella che tutti possano mantenere i nervi saldi. Soprattutto in caso di incidenti di guerra o di tentativi di false attribuzioni di eventuali attacchi militari.