di Mauro Seminara
Il decreto su sicurezza e politiche migratorie che il Consiglio dei ministri si è vantato d’aver approvato all’unanimità dovrebbe essere motivo di vergogna per una squadra di ministri che ha palesemente violato la Costituzione malgrado la prima bozza circolata aveva già fatto scattare l’allarme al Quirinale. Le modifiche apportate paiono smussare le criticità riscontrate sul fronte costituzionale, ma non le hanno risolte affatto. Il cosiddetto Decreto Salvini, sotto questo profilo, è quindi sostanzialmente lo stesso per cui erano già arrivati alla Presidenza del Consiglio dei ministri note di cortesia dalla Presidenza della Repubblica. La stessa che questa mattina, alla cerimonia di commiato di alcuni membri del CSM e di benvenuto ai nuovi membri, per bocca del presidente Mattarella ha ribadito e sottolineato e ancora puntualizzato il dovere che le istituzioni hanno verso le leggi e la Costituzione. Messaggi che il presidente ha elegantemente inviato in tutti i modi, nelle more di un Decreto Legge che dovrà valutare e poi, eventualmente, rispedire al mittente dando il via alla prima vera crisi di Governo. Crisi che, a conti fatti, sembrerebbe più che voluta da parte dell’esecutivo. Come se, non potendo gettare la spugna, i pugili in questione sperassero in un arbitro inflessibile al punto da assumersi la responsabilità per loro e per i loro preparatori.
Che il #decretosalvini, forse non a caso presentato ieri a Palazzo Chigi come un hashtag, sia incostituzionale lo rilevano varie autorevoli fonti. Una di queste è il Coordinamento per la Democrazia Costituzionale. L’associazione che unisce magistrati, avvocati, esperti di diritto, docenti universitari e figure provenienti da altre categorie professionali, nata per difendere la Carta dall’attacco sferrato dall’allora premier Renzi con la drastica riforma poi bocciata dal popolo al referendum del 4 dicembre del 2016, ha emesso oggi una nota che non lascia margini di dibattito agli autori del Decreto Legge. Già il titolo che il Coordinamento ha dato al comunicato stampa non lascia dubbi sulla durezza del contenuto: “Un decreto incostituzionale, inutile e dannoso”. Inoltre, sempre secondo il Coordinamento per la Democrazia Costituzionale, “la sua emanazione come decreto legge può provocare guasti a cui sarà difficile porre riparo.” La nota, firmata da Massimo Villone, Alfiero Grandi, Silvia Manderino, Mauro Beschi e Domenico Gallo, apre con un focus sfuggito ai più in questo momento di acceso dibattito che ha preceduto e che sicuramente seguirà l’approvazione del Decreto in Consiglio dei ministri: “Innanzitutto non sussiste il presupposto dei casi di straordinaria necessità ed urgenza che soli possono legittimare il Governo ad adottare provvedimenti provvisori con forza di legge, come si evince dalla stessa eterogeneità del provvedimento con norme ispirate dalle esigenze più disparate.”
Il comunicato stampa del Coordinamento per la Democrazia Costituzionale procede con una ulteriore premessa a cui avevamo già accennato ieri e in apertura di questo articolo: “La nuova disciplina dell’immigrazione e della cittadinanza presenta aspetti allarmanti di incostituzionalità.” A tale premessa segue la puntuale spiegazione di tutte le criticità del decreto e le ragioni di inconfutabile incostituzionalità:
“L’abolizione del permesso di soggiorno per motivi umanitari è mirata specificamente a sgonfiare il volume dei permessi di soggiorno, creando una serie di drammi personali e aprendo la strada ad un’esplosione del contenzioso. Poiché nella stragrande maggioranza dei casi non è possibile procedere al rimpatrio, l’unico effetto reale sarà l’allargamento dell’area della clandestinità: ciò comporterà l’incremento di una popolazione di persone senza diritti, impossibilitate a lavorare e costrette al lavoro schiavile, facile preda della criminalità. Inutile dire che tale situazione inciderà sulla sicurezza degli italiani e renderà più spietato il mercato del lavoro e la competizione fra i lavoratori italiani poveri e la manodopera dei senza diritti stranieri.
Il raddoppio della durata massima del trattenimento dello straniero in attesa di rimpatrio, nei Centri di permanenza per il rimpatrio (Cpr), prolungata fino a sei mesi, anche se consentito dalla Direttiva europea sui rimpatri 2008/115/CE, presenta marcati aspetti di irragionevolezza perché si risolve in una pena senza delitto data l’impossibilità di procedere al rimpatrio nella stragrande maggioranza dei casi. Tale misura comporterà il raddoppio della popolazione di stranieri in detenzione amministrativa con incremento esponenziale dei costi che gravano sui contribuenti. In questo contesto è inaccettabile la possibilità di trattenere le persone da rimpatriare in strutture idonee e nella disponibilità dell’autorità di pubblica sicurezza. In questo modo viene creato un circuito carcerario (le prigioni del Ministero dell’Interno) al di fuori dell’ordinamento nel quale non sarà possibile monitorare il rispetto dei diritti umani fondamentali.
Parimenti incostituzionale è la norma che prevede la sospensione della procedura d’asilo ed il rimpatrio del richiedente asilo che abbia subito una condanna in primo grado perché palesemente contraria alla presunzione di non colpevolezza (art. 27 Cost.) ed al principio che la difesa è diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento (art. 24 Cost.).
Il sostanziale smantellamento del sistema di protezione su base comunale (SPRAR) dei rifugiati e richiedenti asilo inciderà in modo pesantemente negativo sulla possibilità di inclusione degli immigrati nel tessuto sociale, rendendo più problematica la convivenza.
Problematiche e di scarsa utilità, oltre ad essere prive di ogni requisito d’urgenza sono le norme in materia di sicurezza. La sperimentazione delle c.d. armi ad impulsi elettrici da parte delle polizie municipali, crea una situazione pericolosa per la pubblica incolumità, trattandosi di dispositivi che possono avere effetti letali. Raddoppiare le pene previste dal codice Rocco per le occupazioni abusive è scelta palesemente irragionevole in quanto l’emergenza non è rappresentata dalle occupazioni di edifici abbandonati da parte dei senza casa, ma dall’esistenza di fasce di popolazione prive del diritto all’abitazione, così come non c’è nessuna necessità di mettere in vendita i patrimoni sequestrati alle mafie, aprendo alla possibilità che la criminalità organizzata riprenda possesso dei beni che le sono stati sottratti.”
A tal proposito ci siamo messi in contatto con il magistrato Domenico Gallo, componente del direttivo del Coordinamento per la Democrazia Costituzionale e giudice cassazionista, chiedendo una ulteriore precisazione sul punto di vista generale riguardante gli effetti generali che il decreto potrebbe comportare in caso di approvazione dalla Presidenza della Repubblica. La risposta del giudice ha in parte ribadito quanto da egli già sottoscritto nel comunicato stampa, ma sottolineando in sintesi l’effetto contrario che tale forzatura legislativa comporterebbe per gli italiani: “Qui siamo in presenza di un coacervo di disposizioni che, oltre ad incidere sui diritti dei migranti, si risolvono in un danno per la collettività perchè incrementano la clandestinità, cioè producono una popolazione di senza diritti impossibilitate a lavorare e costrette al lavoro schiavile, facile preda della criminalità. Inutile dire che tale situazione inciderà sulla sicurezza degli italiani e renderà più spietato il mercato del lavoro e la competizione fra i lavoratori italiani poveri e la manodopera dei senza diritti stranieri.”
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