Le diversità dagli altri sono percepite come pericoli da cui proteggersi, con il 52% convinto che si fa di più per gli immigrati che per gli italiani. E solo il 43% ritiene che l’Europa abbia giovato in qualche modo al Paese. Ci si sente “soli, arrabbiati e diffidenti”, in una situazione caratterizzata “dall’assenza di prospettive di crescita, individuali e collettive”. Più che un rapporto, insomma, è un grido d’allarme rivolto alla politica per correggere il tiro e rimediare ad una situazione che se non governata può diventare esplosiva.
I numeri, del resto, parlano chiaro: il 44,5% degli italiani è pessimista sul futuro del Paese; tra il 2000 e il 2017 il salario medio è aumentato di 400 euro annui, contro i quasi 5.000 della Germania e i 6.000 della Francia; si investe il 3,9% del Pil in istruzione, contro il 4,7 della media europea; i laureati italiani tra i 30 e i 34 anni raggiungono il 26,9%, contro una media Ue del 39,9%; metà della popolazione è convinta che chiunque possa diventare famoso.
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