Se la Lombardia è un parco affaristico appannaggio della ‘ndrangheta calabrese, l’odierna operazione diretta dalla Procura Distrettuale Antimafia di Venezia ha dimostrato che in Veneto a farla da padroni sono i camorristi campani. Il Giudice per le Indagini Preliminari ha emesso 61 provvedimenti cautelari di cui 50 arresti ed 11 obblighi di dimora. Le indagini, eseguite da Guardia di Finanza e Polizia di Stato coordinate dalla Procura Antimafia del capoluogo veneto, hanno stabilito come nel Veneto orientale si fosse radicata un’associazione di stampo mafioso affiliata al clan dei Casalesi. I camorristi di Casal di Principe controllavano un vasto territorio con l’uso delle armi ed in questo compivano reati di estorsione, usura, danneggiamenti, riciclaggio, traffici di stupefacenti, rapine ed altri gravi reati. Arrestato anche il sindaco di Eraclea, indagato del reato di scambio elettorale politico-mafioso in relazione alle elezioni 2016. Disposto il sequestro preventivo di beni e valori per 10 milioni di euro.
Una vasta operazione in provincia di Venezia e altre località del Veneto, a Casal di Principe ed in altre aree della Campania ed anche in Puglia per associazione a delinquere di stampo mafioso e altri reati. Su richiesta della Procura Distrettuale Antimafia di Venezia sono state disposte 47 misure di custodia cautelare in carcere e 3 agli arresti domiciliari per i suddetti reati associativi e 11 provvedimenti di obbligo di dimora o interdittivi. Dal piccolo centro di Eraclea, l’associazione a delinquere di stampo mafioso aveva esteso la sua influenza criminale nel Veneto orientale avvalendosi della sua forza di intimidazione per instaurare una condizione di omertà e commettere molteplici gravi delitti di ogni genere. Tra i reati contestati risultano infatti in un lungo elenco: usura, estorsione, rapina, ricettazione, riciclaggio e auto riciclaggio, reimpiego di denaro di provenienza illecita, sottrazione fraudolenta di valori, contraffazione di valuta, traffico di stupefacenti, sfruttamento della prostituzione, intermediazione illecita di manodopera, detenzione illegali di armi, danneggiamenti, incendi, truffe e truffe aggravate ai danni dello Stato, bancarotta fraudolenta, emissione di false fatture.
La lunga ed articolata attività investigativa ha consentito di ricostruire l’intera pianta organica dell’organizzazione e scoprire che questa era stata costituita già alla fine degli anni ’90. Il “fondatore” della succursale veneta del clan casalese è risultato essere Luciano Donadio, un 53enne nativo di Giugliano e residente ad Eraclea, che ha operato l’insediamento mafioso insieme a Raffaele Buonanno, Antonio Buonanno e con l’ausilio di un nucleo di persone originarie di Casal di Principe e di altri centri dell’agro Casertano tutti raggiunti dalle manette: Antonio Puoti, Antonio Pacifico, Antonio Basile, Giuseppe Puoti, Nunzio Confuorti. Alla manovalanza armata casalese si sono poi aggiunti altri arruolamenti con soggetti provenienti dalla Campania ma anche locali, come Girolamo Arena, Raffaele Celardo e Christian Sgnaolin.
L’indiscusso ruolo di promotori e dirigenti è stato rivestito da Luciano Donadio e Raffaele Buonanno, quest’ultimo imparentato tramite la moglie con esponenti di vertice del clan Bianco e del clan di Francesco Bidognetti, detto “Cicciotto e mezzanotte”. Donadio e Buonanno rappresentavano l’associazione mafiosa anche nei rapporti con i dirigenti e gli associati al gruppo Schiavone e Bianco e con le altre “famiglie” Casalesi. Dopo la sua costituzione, il nucleo mafioso camorrista si è insediato nel Veneto orientale rilevando il controllo del territorio dagli ultimi epigoni locali della “mafia del Brenta”, con i quali sono stati comprovati i contatti. Qui, con metodo mafioso, il nucleo casalese ha rilevato la gestione o il controllo di attività economiche nell’edilizia e nella ristorazione, ma anche ad imporre un aggio ai sodalizi criminali limitrofi dediti al narcotraffico o allo sfruttamento della prostituzione.
Arresti anche per sindaco di Eraclea, direttore di banca di Jesolo ed un agente di Polizia
Tra gli arrestati spicca anche il sindaco di Eraclea, Mirco Mestre, per il reato di scambio politico-elettorale per le elezioni del 2016 vinte con soli 81 voti di scarto sul diretto rivale. La vittoria elettorale è stata quindi raggiunta grazie agli oltre 100 voti procuratigli dal gruppo mafioso del quale aveva riservatamente sollecitato l’intervento – indicando anche i candidati della propria lista su cui convogliare le preferenze e poi eletti – in cambio di favori su istanze amministrative presentate da società controllate dagli uomini del clan che lo aveva sostenuto. In carcere anche Denis Poles, direttore di un istituto di credito di Jesolo, complice come il suo predecessore – indagato a piede libero – del clan di Donadio e Buonanno. Il direttore di banca consentiva ai casalesi di operare su conti societari senza averne titolo e concordava direttamente con loro l’interposizione di prestanome, oltre ad omettere sistematicamente di effettuare le segnalazioni di operazioni sospette. Nel giro affaristico malavitoso è risultato coinvolto anche un appartenente alla Polizia di Stato, Moreno Pasqual, accusato di aver fornito informazioni riservate ai casalesi riguardanti indagini nei loro confronti. Le informazioni sensibili sulle attività investigative sul clan camorrista insediato in Veneto venivano carpite dall’agente mediante accessi illeciti non autorizzati alle banche dati della Polizia. A Moreno Pasqual viene anche contestato di aver garantito protezione e supporto ai casalesi a seguito di controlli subiti da parte di altre forze di Polizia.
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