La partenza della Mare Jonio, imbarcazione approntata dalla Ong Mediterranea Saving Humans con bandiera italiana, era prevista per il 13 marzo. La piccola nave, un rimorchiatore, ha infine lasciato il porto di Palermo sabato 16 marzo dopo un lungo periodo di cantiere per interventi sulla nave ed ispezioni della Capitaneria di Porto che ha infine concesso il nullaosta per conformità alla Mare Jonio. “In questi giorni abbiamo lavorato fino a tarda notte sulla nave, superato quattro ispezioni della Capitaneria di Porto e resistito durante mesi di sdegno e ferocia, di fronte alla barbarie provocata dalla chiusura dei confini”, recita la nota della Ong pubblicata all’indomani della nuova missione per cui il rimorchiatore reso nave da soccorso è tornato nel Mediterraneo centrale. Appena due giorni dopo la partenza da Palermo, a circa 40 miglia nautiche dalla costa della Libia, la Mare Jonio si è imbattuta in un soccorso di migranti.
La notizia è di circa un’ora fa, quando con un tweet sull’account ufficiale di Mediterranea è stato reso noto che “La Mare Jonio ha incrociato un gommone in avaria che stava affondando con una cinquantina di persone. Li stiamo già soccorrendo”. L’intervento della nave battente bandiera italiana è stato effettuato a poco più di quaranta miglia, circa 80 chilometri, a nord di Sabratha. Il tweet della Ong però prosegue con una immediata precisazione: “La cosiddetta Guardia Costiera libica arrivata in un secondo momento, si sta dirigendo verso di noi”. Attualmente la Mare Jonio si trova in posizione prossima a quella del soccorso, ma dopo aver rivolto inizialmente la prua verso nordovest, dando letteralmente le spalle a Tripoli, ha impostato una rotta che sembra puntare su Lampedusa con un’andatura di circa dieci nodi; approssimativamente la velocità del rimorchiatore. La nave di Mediterranea Saving Humans è intervenuta in acque internazionali, ma in una “SAR zone” che l’Italia ha concesso di riconoscere ed attribuire alla Libia e che le brigate sedicenti guardacoste – che operano anche grazie alle motovedette offerte dal governo italiano – controllano mediante il supporto al coordinamento dell’Italia.
Si attendono aggiornamenti da bordo della Mare Jonio sulla condotta della sedicente guardia costiera libica sopraggiunta troppo tardi per soccorrere i migranti e troppo presto perché la nave della Ong potesse allontanarsi in sicurezza. La Libia, come sentenziato dalle Nazioni Unite, non può essere definita un POS (Place of Safety), cioè un “porto sicuro” in cui condurre i migranti soccorsi in acque internazionali pur essendo il porto più vicino. Perfino per il Ministero degli Esteri italiano, la Libia è teatro di scontri tra milizie, di guerriglia, e pertanto non è sicuro soggiornarvi; neanche per gli “amici” italiani. Si presume che la Mare Jonio faccia adesso richiesta di un porto sicuro allo Stato di bandiera, quindi all’Italia. Circostanza inedita per la politica migratoria dell’attuale Governo che, fino a d oggi, si era trovato a “chiudere i porti” a navi di Ong con bandiera di altri Paesi. Il porto dello Stato di bandiera è l’Italia e, a meno che questa non coordini un’apertura di “porto sicuro” presso la vicina Tunisia, sarà costretta a fornire indicazioni di sbarco in un vicino porto italiano. In questo caso, il porto sicuro più vicino è quello di Lampedusa. Nel caso, l’arrivo in prossimità della maggiore delle Pelagie sarebbe previsto prima dell’alba.
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