Parla di agorà info-telematica e di like, ammette di aver sottovalutato il risultato della campagna elettorale che ha fatto apparire il Governo come spaccato, chiacchiera e ricama il presidente del Consiglio Giuseppe Conte nel corso della conferenza stampa annunciata con un tweet. Convocati con un cinguettato “cose molto importanti da dire”, i giornalisti presenti nella sala stampa di Palazzo Chigi si sono sentiti dire sostanzialmente soltanto che finita la campagna elettorale per le europee, con colpi più o meno bassi sferrati tra Lega e M5S, la maggioranza di Governo va adesso d’amore e d’accordo. Qualche velato invito al deporre le armi, fatte di “veline” alle testate giornalistiche e di violente frasi ad effetto sui social, e tutto il resto per Giuseppe Conte va adesso benissimo. La prima parte del monologo è stata una rassegna dei meriti dell’esecutivo, dal decreto sicurezza al reddito di cittadinanza.
Meriti autoincensati e propositi programmatici a parte, il premier ha praticamente annunciato pace fatta a patto che i due leader politici accettino di proseguire con il lavoro di governo. Basta invasioni di campo, di sconfinamenti a competenze di altrui ministeri ed attacchi fra le parti. Poi, in chiusura di circa venti minuti di relazione, la stoccata alle parti con la richiesta di chiarimenti sulle intenzioni future. Un chiarimento, quello “preteso” dal presidente del Consiglio, che se dovesse tardare ad arrivare, o se non dovesse arrivare, vedrebbe il premier rimettere il suo mandato nelle mani del presidente della Repubblica. Quindi, dopo aver detto che il Consiglio dei ministri non è disunito come era erroneamente apparso nel corso della campagna elettorale, Conte ha ammesso intrinsecamente che i problemi nell’esecutivo ci sono eccome. Non c’è un ultimatum da parte di Conte, ma la scelta della conferenza stampa, di per se, definisce l’urgenza di rimettere in equilibrio il Consiglio dei ministri alterato dal “clima elettorale”.
In poche parole, senza il politichese di mezzo, il messaggio è rivolto a Salvini e Di Maio che devono adesso smettere di bisticciare e tornare a governare il Paese su cui pendono anche le clausole di salvaguardia per l’aumento Iva che renderanno impraticabili gli aut aut che uno dei due vicepremier ha lanciato asserendo che se adesso non si abbassano le tasse si potrà dire chiusa l’esperienza di Governo. Il telefono si è rotto nel Consiglio dei ministri, e proprio di telefonate – non in senso metaforico – ha parlato il premier. Di telefonate che non arrivavano da parte del vicepremier Luigi Di Maio. Giuseppe Conte ha precisato di non aver mai giurato fedeltà al Movimento 5 Stelle e di ritenersi un premier indipendente. Che sia esattamente così, o se Conte era di fatto il premier espresso dal M5S che alle elezioni politiche aveva preso la maggioranza dei voti e dei seggi in Parlamento, poco conta il momento in cui il presidente del Consiglio convoca una conferenza stampa per lamentare la rottura di dialogo nel governo e la necessità di smettere il clima da campagna elettorale. A meno che la stessa conferenza stampa odierna non sia un modo per far fare la parte del leone al premier capace di far tornare la pace all’interno dell’esecutivo. Perché adesso, in un modo o nell’altro, la pace dovrà tornare tra Salvini e Di Maio, e nessuno dei due potrà fare un passo indietro. Entrambi però possono salvare la faccia facendo un analogo passo di lato, e l’amore tornerà intenso nel governo gialloverde, come da previsioni.
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