di Mauro Seminara
Mentre gli italiani attendono che il “ministro di tutto”, il tracotante Matteo Salvini, degni il Parlamento – quindi l’Italia – di un dovuto chiarimento sul caso “RussiaGate” in salsa lombarda, arriva un altro colpo da incassare per il Governo: in Libia si sono rotti gli argini costituiti dalla stessa guerra in atto e le partenze di migranti sono in netto aumento. Un aumento che contraddice perfino la vecchia storiella sulle partenze pilotate ad avvicinamento di navi Ong. Siamo quindi ormai abituati e capaci di prevedere, se non le azioni vacue o inesistenti, le battute degli esponenti di Governo per “buttarla in caciara” a beneficio di chi è cieco seguace del “capitano” o dell’ex pentastellato altro vicepremier. Adesso quindi tocca alla nave Gregoretti della Guardia Costiera il calvario senza fermate in virtù di quel ridicolo “porti chiusi” che, purtroppo, dovrebbe aver già reso chiaro a tutti quanto inconsistente sia l’esecutivo nazionale.
Nave Gregoretti non è una nave Ong, non batte bandiera olandese, non è andata a soccorrere migranti a venti miglia dalla Libia. Nave Gregoretti è una nave di un corpo dello Stato italiano, che godeva peraltro di un certo prestigio, e che serve per interventi di soccorso e non a far fare passerella al politico di turno che la immobilizza dopo un’operazione. Nave Gregoretti, della Guardia Costiera italiana, ha a bordo 140 persone perché due barche cariche di migranti sono state soccorse nelle ultime 24 ore nel totale silenzio istituzionale. Un silenzio degno di un affare coperto da segreto di Stato. Nessuna nota o notizia arrivava infatti dal tratto di mare in cui il peschereccio Accursio Giarratano si assicurava che la vita dei migranti – circa 50 – trovati in difficoltà fosse al sicuro. D’altro canto, se non telefonava il signor Carlo Giarratano direttamente a qualche giornale, gli unici a poterlo sapere e mettere per dovere istituzionale a parte la stampa erano proprio gli ufficiali della Guardia Costiera a cui il motopesca italiano si rivolgeva per sapere cosa fare con i naufraghi.
Il caso è comunque esploso, malgrado il riserbo degno di un affare da 49 milioni di euro. Esploso e di pubblico dominio perché, dopo le ultime vicende tra Italia e Malta, gli impegni non mantenuti e le promesse strappate come un salvataggio politico sotto forma di scambio di migranti, l’isola-Stato è passata all’incasso lasciando all’Italia la questione del peschereccio saccense Accursio Giarratano e dei migranti di cui si era preso cura. Una frittata di Stato da cui è emerso che il numero di migranti partiti negli ultimi giorni era notevolmente più alto e che la rotta che tentano per aggirare il rischio del sequestro a bordo di navi – umanitarie e non – è molto più pericolosa. Ieri la notizia del naufragio a largo della Libia con oltre un centinaio di vittime. Ieri anche la notizia del peschereccio che attendeva da ore ed ore che qualcuno lo ringraziasse per l’intervento dispensandolo da altri obblighi all’arrivo delle competenti autorità. Sempre ieri l’intervento di una nave classe “Monte”, della Guardia di Finanza, in soccorso obbligato di altri 76 migranti salpati anch’essi dalla Libia.
Le motovedette di stanza a Lampedusa non hanno preso il mare, come in anni passati, per andare in soccorso dei libici impegnati con una strage in mare. Non lo hanno fatto perché l’offerta di aiuto non parte del Comando Generale ma dal Ministero competente dei rapporti con i “vicini di casa”, che difficilmente avrebbero potuto (o dovuto) rifiutare. Ma l’Italia in Libia, a pescare cadaveri, non c’è andata. Pur sapendo che i libici i cadaveri dei migranti non li recuperano. Non se ne prendono la briga. Li abbandonano al mare. Due motovedette classe 300 di stanza a Lampedusa sono invece salpate per andare incontro al peschereccio Accursio Giarratano. Un intervento, quello di ieri in acque SAR maltesi, che ha quindi coinvolto 140 migranti, una nave della flotta della Guardia Costiera, un pattugliatore di ultima generazione della flotta della Guardia di Finanza, due motovedette SAR classe 300 della Guardia Costiera, un peschereccio siciliano e che non si conclude perché il ministro dell’Interno ha deciso così: “Ho dato disposizione che non venga assegnato nessun porto prima che ci sia sulla carta una redistribuzione in tutta Europa di tutti i 140 migranti a bordo”.
Il ministro conta forse sul fatto che buona parte dei suoi elettori non hanno la minima idea di cosa comporti, anche in termini meramente economici, tenere una nave di un corpo dello Stato, di quella portata, ostaggio di un braccio di ferro politico che il ministro avrebbe dovuto tenere ed ottenere nel corso della sua attività europea e non nel momento in cui si presentano due barche a bordo di una nave con bandiera italiana. Peraltro rimangiandosi quanto blaterato nel corso del caso Sea Watch sul fatto che nave di Ong tedesca con bandiera olandese significa che dei migranti soccorsi se ne deve fare carico la Germania o l’Olanda. Cosa si aspetta che rispondano adesso la Germania e l’Olanda sulla pagliacciata della nave Gregoretti è facilmente intuibile, ma rimane che la nave è adesso ostaggio di una farsa da ciarlatani con cui si distoglierà l’attenzione dal canovaccio della programmata crisi di governo, dal RussiaGate, dal debito e dal salasso che arriverà in autunno invece della tanto annunciata flat tax. Tanto, tra un po’ gli italiani andranno – quelli che ancora hanno un lavoro – a mare, la cerimonia del ventaglio è già passata, i vicepremier andranno in ferie a fare dirette streaming e tutti dimenticheranno quanto tutto ciò sia ridicolo.
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