di Mauro Seminara
Ieri sera, intorno alle 22, una unità della Guardia Costiera ha trasbordato 92 migranti che si trovavano su un barchino in difficoltà a poche miglia dall’isola. Pare che la barca con cui avevano raggiunto le acque territoriali italiane fosse già parzialmente piena d’acqua. Lo sbarco si è concluso poco prima delle undici al Molo Favarolo con i pulmini del centro di accoglienza che andavano via e l’ambulanza con accompagnava alcuni, particolarmente provati, al PTE (il Presidio Territoriale d’Emergenza dell’isola che non ha un vero Pronto Soccorso). Tra i migranti soccorsi, in tempo prima di un naufragio, di prevalente etnia subsahariana c’erano anche parecchie donne e molti bambini.
Sempre a Lampedusa è stato poi rintracciato un gruppo di migranti a terra ed il barchino con il quale hanno fatto ingresso in acque territoriali e dal quale sono sbarcati autonomamente prima di incontrare le forze dell’ordine. Il totale di 98 nuovi arrivati è stato trasferito al centro “hotspot” di Contrada Imbriacola che da giorni vede rispolverato il sostantivo giornalistico “collasso”. La struttura di prima accoglienza dell’isola è in effetti in difficoltà, ma non per il numero di ospiti che raggiunge la media di 300 unità temporanee per poi ridursi con i regolari trasferimenti che il Ministero dell’Interno dispone con una media di 70 al giorno. La difficoltà per la gestione degli arrivi dipende maggiormente dallo stato di semi abbandono in cui la struttura è stata lasciata dal grave danneggiamento dell’ultimo dei padiglioni incendiati.
Hotspot al “collasso”
Nel 2008, quando il centro di Contrada Imbriacola in Lampedusa era ancora nuovo (consegnato circa un anno prima), il cosiddetto “collasso” si registrò davvero e con numeri da capogiro: a fronte degli oltre 800 posti letto disponibili, che includevano una infermeria a due elevazioni, il centro accolse oltre 2.200 persone. Erano i tempi in cui, come in epoca recente, a fronte di propaganda sul contrasto ai flussi migratori si lasciava inceppare la macchina dei trasferimenti alimentando i titoli che la stampa giustamente adottava per descrivere le condizioni in cui i migranti venivano accolti per lunghi periodi. Dinamiche non diverse da quelle odierne e che vedono, invece che una sostanziale variazione delle condizioni nei porti di partenza, un calcolo ragionieristico poco utile delle centinaia di migranti che approdano su suolo italiano.
Gli arrivi e le catture
Attesi per l’alba di questa mattina circa 280 migranti che Malta ha provveduto a soccorrere, o coordinarne i soccorsi per il successivo trasbordo su proprie unità navali, nell’area SAR di propria competenza. Dieci diversi eventi tra i quali quello in soccorso ad un barchino con circa 90 persone a bordo di cui aveva dato urgente allarme Alarm Phone. Ai dieci gestiti da Malta ed ai due di Lampedusa si devono aggiungere tutti i natanti che, per loro disgrazia, sono stati intercettati dalla sedicente guardia costiera della Libia e ricondotti indietro. Questi ultimi, tutti su gommoni troppo carichi per riuscire ad allontanarsi in tempo dalle grinfie dei loro aguzzini, erano in totale sei e a bordo contavano un complessivo di 493 persone tra cui anche 28 donne. Gli eventi riguardano però il bilancio di giovedì, quando a Lampedusa arrivavano altre barche e Malta veniva sollecitata perché si attivasse realmente nella copertura della propria area SAR. Dopo l’episodio in cui ha perso la vita un migrante sudanese a cui un miliziano libico impropriamente definito “guardacoste” ha sparato, la sedicente guardia costiera della Libia ha deciso di assumere un profilo apparentemente più consono annunciando – come neanche più la Guardia Costiera italiana fa – quanti migranti sono stati soccorsi, i dettagli sui numeri e, soprattutto, i centri di detenzione in cui sono stati smistati dopo lo sbarco: 173 a Khoms, 166 a Tripoli, 104 a Zuwara, 50 a Zawiya. Tutti, ha tenuto a precisare Ayoub Qassem, portavoce di quella cosiddetta “guardia costiera”, in centri di detenzione direttamente gestiti dal Governo di Accordo Nazionale (GNA, ndr) presieduto da Fayez al Serraj.
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