di Mauro Seminara
Una imbarcazione sulla quale a lungo si sono trattenuti i velivoli di quel che rimane della missione europea Sophia si è capovolta questa notte sotto gli occhi dei soccorritori al largo di Lampedusa. La piccola barca, con a bordo circa cinquanta persone, navigava in direzione nord mentre gli aerei della missione Ue la monitoravano, ma i soccorsi sono partiti quando questa si trovava a poche miglia dall’isola che sembrava essere la loro destinazione. La Guardia Costiera ha emesso al riguardo già due comunicati stampa. Nel primo racconta che: “Nella tarda serata di domenica 6 ottobre la Centrale Operativa della Guardia Costiera di Roma riceveva diverse segnalazioni dal CUR di Palermo (Centro Unico di Risposta) riguardanti un barchino con circa 50 migranti che riferivano di essere nei pressi dell’isola di Lampedusa.” Da questa affermazione si evince che la barca non era stata precedentemente segnalata dai velivoli della missione europea. La barca, un piccolo legno “sovraccarico e già sbandato”, come lo definisce la Guardia Costiera, si trovava a 6 miglia dall’imboccatura del porto di Lampedusa quando sotto gli occhi delle motovedette intervenute si rovesciava facendo cadere tutti in mare.
Gli uomini di Guardia Costiera e Guardia di Finanza, entrambi sul posto per la solita procedura di fermo in sicurezza di barca con migranti illegali in acque territoriali, si sono visti cadere in mare circa cinquanta persone davanti a causa delle condizioni meteo marine. Così secondo la versione ufficiale. Il ribaltamento del barchino è stato fatale per molti dei migranti che attendevano soccorsi da chissà quanto disperato tempo. Pochi minuti dopo la mezzanotte, un apparente normale intervento di polizia giudiziaria per immigrazione clandestina, con il supporto della Guardia Costiera per ragioni di sicurezza, si è trasformato in un incubo. I soccorritori, con il soccorritore marittimo della Guardia Costiera sempre pronto in muta da sub, hanno fatto il possibile per salvare quante più persone potevano. Sono state strappate dalle onde del Mediterraneo 22 persone ancora in vita, 18 delle quali prese a bordo dell’unità classe 300 della Guardia Costiera e 4 a bordo della piccola motovedetta della Guardia di Finanza. Il bilancio negativo però vede due corpi immediatamente recuperati senza vita. Erano due donne. Ed altri sette cadaveri presi a bordo nelle ore successive, nel corso delle ricerche dei dispersi.
Alle 12:30, alla presenza del sostituto procuratore di Agrigento, sbarcavano al Molo Favarolo di Lampedusa i corpi delle vittime di un naufragio consumatosi appena quattro giorni dopo l’anniversario della strage del 3 ottobre 2013. E sull’isola era iniziata già questa mattina la ricerca della bare e tutto quello che ruota intorno ad un simile evento in un luogo che non dispone neanche di una camera mortuaria. A bordo della piccola imbarcazione c’erano tunisini e subsahariani, uomini, donne e bambini. Questi ultimi, i bambini, pare siano il numero più consistente dei dispersi. Secondo quanto riferito da Ansa, sulla base delle prime testimonianze dei superstiti, sarebbero otto i bambini scomparsi tra i flutti del mare. “Al fine di procedere alle operazioni di trasbordo le unità navali si avvicinavano al barchino ma le condizioni meteomarine avverse e lo spostamento repentino dei migranti provocavano il ribaltamento dell’unità”, spiega la Guardia Costiera. A causare il naufragio sarebbe stato quindi il sovraccarico di un barchino in condizioni meteo proibitive ed in scarsa condizione di sicurezza a bordo. Tutti motivi utili per un innegabile soccorso in mare alla notizia della presenza di simile natante. La Procura della Repubblica di Agrigento ha aperto un fascicolo contro ignoti sul naufragio occorso questa notte in acque territoriali al largo di Lampedusa. Gli ignoti potrebbero però avere un nome nel caso in cui dovesse risultare che il barchino in difficoltà era stato avvistato e segnalato alle competenti autorità preposte al soccorso marittimo già molte miglia prima del luogo del naufragio.
A sudest di Lampedusa, incaricata dalle autorità marittime dell’assistenza alla ricerca dei dispersi cè la nave ONG Ocean Viking. Una di quelle che gli ultimi governi italiani hanno trattato come criminali, adesso di nuovo preziosa nella disperata speranza di salvare altre vite umane.
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