di Vittorio Alessandro
Ieri sera il ministro degli Esteri Di Maio ha spiegato agli empedoclini raccolti nel Palazzo comunale (soltanto gli aderenti al Movimento, da quanto ho capito) cosa dovrebbe fare un buon ministro degli Esteri: vendere il made in Italy e il made in Sicily alla Cina, che pare non aspetti altro. Sull’argomento siamo tutti d’accordo: fascisti e comunisti, empedoclini e licatesi, musulmani e vegani, ma forse gli empedoclini volevano sentirsi dire dell’altro, e anche i cinesi.
Il capo politico di un partito del cambiamento doveva infatti spiegare cosa bisognerebbe produrre, e come: l’Ilva, per esempio, produceva ottimo acciaio, e non si sa se sia giusto che smetta; giorni fa alle porte di Napoli (la terra di Di Maio) 43 persone (italiane, non cinesi) sono state ritrovate rinchiuse in un garage, allo stremo delle forze, per produrre il made in Italy per pochi euro l’ora.
Doveva dirci come dovrebbe cambiare la storia di Porto Empedocle, che ha conosciuto il decollo economico e l’inabissamento.
Sarà per la prossima volta.
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