Oggi l’Italia si sveglia tra le sirene delle auto delle forze dell’ordine che sfrecciano avanti ed indietro in Sicilia ed in Calabria. Si tratta di diverse operazioni, condotte da diverse Procure della Repubblica, con l’ausilio di un esercito di uomini tra Guardia di Finanza, Polizia e Carabinieri. La più massiccia delle tre è l’operazione definita con il nome convenzionale di “Nebrodi”. Una maxi retata frutto di una lunghissima indagine con pedinamenti, intercettazioni ambientali e verifiche documentali. In arresto sono finite 94 persone, di cui 48 in carcere, con accuse a vario titolo di associazione mafiosa, concorso esterno in associazione mafiosa, associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, estorsione, trasferimento fraudolento di valori, falso ideologico commesso da pubblico ufficiale e truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche. Agli arresti si affianca anche il sequestro di 151 imprese, conti correnti e rapporti finanziari. Il duro colpo sferrato a Cosa Nostra, colpita nell’area orientale della Sicilia, si unisce quello ai danni della ‘Ndrangheta. In arresto 3 persone per associazione di tipo mafioso, estorsione, abuso d’ufficio, traffico di influenze illecite, omessa denuncia di reato da parte del pubblico ufficiale, accesso abusivo ad un sistema informatico o telematico. Tutti i reati contestati sono aggravati dalle modalità mafiose e tutti e tre i destinatari della misura cautelare sono ristretti in carcere. Ma in Calabria c’è anche un’altra operazione condotta oggi che, pur relativa ad una sola persona per l’accusa di corruzione, completa un quadro disarmante sullo stato della nazione. Si tratta infatti di un magistrato della Corte di Appello di Catanzaro. Nel caso dell’uomo di legge e di giustizia l’accusa, documentata con filmati che lo incastrano, è di corruzione in atti giudiziari.
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