di Mauro Seminara
Ieri sera una motovedetta della Guardia Costiera è entrata in porto a Lampedusa con a bordo 60 persone, tra le quali anche due nuclei familiari e quattro bambini. L’imbarcazione sulla quale viaggiavano era partita dalla Libia, come parecchie altre nei giorni precedenti. Tra i migranti presi a bordo dall’unità SAR in acque territoriali c’erano molti migranti del Bangladesh, ma anche dell’Eritrea. Erano gli stessi per i quali Alarm Phone, la centrale d’allarme telefonica civile per il soccorso marittimo, aveva inoltrato la richiesta di soccorso annunciandoli con margine di errore in “circa 57” quando si trovavano in acque internazionali la cui responsabilità di ricerca e soccorso (SAR) era delle autorità di La Valletta, Malta. Il soccorso non è stato operato da nessuno e le persone in pericolo hanno raggiunto la fine dell’area SAR maltese, quindi le acque territoriali italiane di Lampedusa prima di trovarsi davanti una motovedetta.
Questa però, la “CP-308”, ha dovuto prendere a bordo i migranti dimostrando in qualche modo che la loro navigazione non era sicura. Una condizione di “distress” che quindi avrebbe dovuto vedere un intervento SAR già prima del punto di ingaggio della Guardia Costiera italiana. La “CP-308” ha ormeggiato al porto commerciale di Lampedusa intorno alle venti di ieri sera. Poco più tardi, mentre le persone soccorse si trovavano già nel centro di prima accoglienza di contrada Imbriacola, i fulmini che dall’isola si vedevano in lontananza sono diventati anche sull’arcipelago delle Pelagie un violento temporale. Un fulmine è anche caduto su Lampedusa o nelle sue immediate vicinanze. Un paio d’ore di ritardo potevano costare la vita di altre sessanta persone.
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