di Aldo Di Piazza
Medico Internista
Quel giorno di maggio del 1796 in cui Edward Jenner iniettò nel braccio di un adolescente del materiale tratto da una pustola di un’infetta di vaiolo bovino, si apriva una strada che avrebbe condotto, nel volgere di meno di duecento anni, alla scomparsa del virus del vaiolo nel 1977.
Il vaiolo è stato responsabile di pandemie ripetute sin dall’antichità.
Le prime tracce storiche della malattia si sono ritrovate nella mummia di Ramsete V, in Egitto, risalenti a oltre il 3000 A.C. Il vaiolo è dovuto a infezione da variola virus, e determina un quadro clinico di elevata gravità con altissima mortalità (intorno al 40-50% nella popolazione adulta e oltre l’80% in quella pediatrica). Per avere una idea dell’impatto su una popolazione non immune, nel corso del XIX e XX secolo si attribuiscono alla malattia circa 500 milioni di morti.
La “vaccinazione jenneriana”, come venne chiamata, aprì un capitolo nuovo della Medicina: partendo da osservazioni empiriche (basate sull’esperienza), senza che ancora esistessero i presupposti teorici di una immunologia moderna, si impose all’evidenza di tutti per il successo chiaro e indiscutibile. E il nome vaccino nasce proprio dall’esperienza di Jenner, per aver utilizzato un bovino come partenza della sua intuizione.
Piani di vaccinazione sempre più aggressivi a partire dal XIX secolo hanno liberato l’uomo da questo incubo. Vorrei precisare che i piani vaccinali erano a tappeto e obbligatori e questo ne ha determinato il successo. Aperta questa strada nel corso del XX secolo, si sono applicate strategie analoghe ad altre gravissime infezioni a carattere epidemico come la poliomielite, la difterite, il tetano, l’epatite B, la pertosse, il morbillo e potremmo continuare con almeno un’altra decina di patologie.
Risultati: la poliomielite e la difterite sono praticamente scormparse, l’epatite B farà scomparire nei prossimi vent’anni la cirrosi post-epatitica, anche con l’aiuto, per l’epatite C, dei trattamenti antivirali totalmente eradicanti da anni in pieno utilizzo. Anche il morbillo è praticamente scomparso dove si è riusciti a ottenere coperture vaccinali efficaci.
Credo che basti questo per avere chiara, oltre ogni ragionevole dubbio, l’efficacia e la “potenza terapeutica” che questi straordinari strumenti hanno dimostrato sul terreno dell’impiego diffuso e capillare.
I vaccini rappresentano, nella Medicina moderna, il presidio che ha mostrato la più grande capacità di cura, rispetto a qualsiasi altro farmaco o procedura medica, e di gran lunga.
Mi si chiederà: ma tutto questo è indolore? Comporta rischi? Mette a repentaglio la salute di chi si vaccina?
Attraversare una strada comporta un rischio, qualsiasi atto medico comporta un rischio, nella vita reale non esiste il rischio zero, nel momento in cui si nasce si inizia a essere esposti al rischio di morte.
Questo va detto forte e chiaro.
Facciamo un piccolo esempio:
- Il rischio documentato, per tutte le vaccinazioni obbligatorie, di morte o grave lesione permanente correlate al vaccino va da 0,5 a 1 ogni 3.000.000
- Se valutiamo sotto questo filtro la mortalità per vaiolo nei secoli XIX e XX (stimata intorno ai 500.000.000 di soggetti) e immaginiamo con un volo di fantasia di potere tornare indietro nel tempo e potere vaccinare per il vaiolo tutti i 500.000.000 di persone, facendo un rapido conto, con tale vaccinazione dobbiamo attenderci 166 soggetti deceduti o gravemente compromessi per la procedura vaccinale con 499.999.934 viventi in ottima salute.
- In sintesi: per chi vuole capire, non vaccinandoli abbiamo avuto 500.000.000 morti, se avessimo potuto vaccinarli ne avremmo avuti 166.
Domanda per chi si è avventurato nella lettura sino a questo punto:
Può ragionevolmente esistere discussione su questi numeri?
Arriviamo ai tempi nostri in piena pandemia di SARS-COV2, che da un anno scorazza a più riprese per l’intero globo terraqueo e a oggi, fine gennaio 2021 ha contagiato oltre 97.000.000 di persone, con quasi 2.100.000 deceduti , bilancio che per l’Italia mostra oltre 2.400.000 positivi al virus con 83.600 morti, il tutto in un anno solare.
Sono numeri davvero impressionanti, se si considera che vanno probabilmente moltiplicati per 4 o 5 per i reali contagiati, considerando gli asintomatici non testati, e per 1,5-2 per i morti, considerando quello che sta succedendo nelle zone povere del pianeta, in America latina, negli stessi USA e – perchè no? – anche in Europa.
Da dove arriva tale divertente novità, che sta mostrando, senza veli, la fragilità economica e strutturale di questo turbocapitalismo globalizzato? Dal mondo animale, inesauribile serbatoio di diversità genetica, attraverso quello che viene chiamato “il salto di specie”.
Non è una novità. E’ già successo ripetutamente nel passato e succederà ancora nel futuro.
Il virus del 1918, responsabile della “spagnola” era interamente nuovo per l’umanità, e quindi non era frutto di un processo di ri-assortimento a partire da ceppi già circolanti, era un virus simile a quelli dell’influenza aviaria, originatosi da un ospite rimasto sconosciuto.
Un secondo esempio di grande notorietà è quello legato all’AIDS ( Sindrome da immunodeficienza acquisita) correlata a un virus responsabile di una sindrome analoga negli scimpanzé. Sarebbe avvenuto in Camerun intorno al 1920 il primo caso di infezione umana da parte di una variante del virus dell’immunodeficienza delle scimmie in grado di trasmettersi da persona a persona.
I virus sono delle particelle formate da un rivestimento proteico, chiamato “capside”, che contiene al suo interno un filamento di DNA o RNA , e rappresenta la formazione più elementare dotata di caratteristiche tipiche della vita, la riproduzione, ma per fare questo ha necessità di entrare nelle cellule per potere utilizzare le strutture che lui non possiede per potersi riprodurre. E’ a tutti gli effetti un parassita delle cellule, delle quali utilizza le strutture e le riserve energetiche, sino a ucciderle, riproducendosi in milioni di copie, che a loro volta infettano altre cellule.
Questo è il meccanismo di malattia.
Entra a questo punto in gioco il sistema immunitario, che ha il compito di costruire le armi necessarie a sconfiggere e annientare l’invasore e diventa una gara di velocità tra la riproduzione del virus e la capacità di costruire armi (gli anticorpi). Chi è più veloce vince la partita .
Se il sistema immunitario non ha mai incontrato quella particella sconosciuta, perderà del tempo per progettare gli anticorpi necessari e poi produrli in grande quantità e rischia di perdere la partita, che in biologia significa soccombere, morire.
Se lo ha già incontrato, ha nel suo patrimonio di ricordi quella specifica particella, e già pronti i progetti degli anticorpi necessari, che inizia a produrre subito, in quantità ampiamente bastevoli a travolgere la replicazione virale. In queste condizioni vince la partita quasi sempre, che in biologia significa guarisce e sopravvive.
I vaccini sono la memoria per il futuro
I vaccini sono le istruzioni di combattimento per un nemico che non conosci
I vaccini possono fare la differenza fra vivere e morire
Con i vaccini noi forniamo al nostro sistema immunitario tutte le informazioni necessarie a costruire le difese. Questo processo in biologia prende il nome di “immunità”. Questa rapida ricostruzione del processo di aggressione virale, dello sviluppo della malattia, della comparsa dell’immunità, del ruolo dei vaccini, è naturalmente uno scenario semplificato, non rivolto agli addetti ai lavori, ma a una platea di persone interessate senza particolari competenze specifiche. Per arrivare al paradosso di rivolgersi a una platea di ragazzini intelligenti.
Torniamo al nostro Covid 19 e, visto che abbiamo parlato di vaccini, quale argomento non è di maggiore attualità se non i vaccini anti SARS-COV2?
Il panorama è abbastanza affollato e lo sarà ancora di più nei prossimi mesi.
Al momento disponiamo di cinque vaccini operativi:
- Pfeizer- Biontech a tecnologia RNA-messanger
- Moderna a tecnologia RNA-messanger
- Astra-Zeneca a tecnologia con vettore virale
- Sputnik V a tecnologia con vettore virale
- Sinopharm a tecnologia con virus inattivato
I primi due, americani, utilizzano una tecnologia innovativa portando dentro l’organismo una molecola di RNA-m che contiene l’istruzione di una proteina spike, elemento indispensabile al virus per poter penetrare dentro la cellula, inducendo quindi una risposta anticorpale verso questo elemento. Ottime l’efficacia e la tollerabilità. Impiegati al momento sul mercato nord-americano ed europeo.
Il terzo vaccino (europeo) e il quarto (russo) utilizzano entrambi un vettore virale innocuo (un adenovirus) con attaccate sopra le proteine spike per esporle al contatto con il sostema immunitario. Il vaccino Astra Zeneca sarà verosimilmente autorizzato il 29 gennaio all’EMA (European Medicine Agency), mentre quello sovietico è gia operativo in Russia, Argentina e Serbia.
Il quinto vaccino è cinese, con una tecnologia più classica, con virus inattivato già in uso nell’esercito cinese e distribuito anche in Egitto, Marocco e America latina.
Nei prossimi due mesi ne arriveranno almeno altri due, e a inizio estate dovrebbe arrivare il vaccino interamente italiano a tecnologia con vettore virale, sempre un adenovirus.
Perchè si è data rapida preferenza alla strategia vaccinale piuttosto che a farmaci antivirali o linee di ricerca diverse?
Per la semplice ragione che noi non possediamo ancora farmaci antivirali ed esiste soltanto qualche molecola antivirale che ha efficacia verso un determinato virus e solo per quello, ad esempio la ribavirina verso il virus dell’epatite C.
Possediamo invece le capacità di progettare un vaccino con relativa rapidità e a costi contenuti.
E infine, con un eventuale antivirale potremmo curare la singola malattia in quel singolo soggetto, che potrà ammalarsi nuovamente in futuro, mentre con la strategia vaccinale noi impediamo che una persona si ammali non soltanto ora , ma per sempre, o almeno per un lungo tempo.
Con uno sforzo complessivo che non ha eguali nella storia dell’uomo, le sinergie economiche, tecniche, interdisciplinari e realizzative, hanno consentito di avere un vaccino operativo in un arco di tempo inferiore all’anno solare. Il che è quasi un miracolo.
Mi si potrebbe dire , ma perchè tutta questa fatica, quest’impegno, lasciamo fare alla natura come è sempre stato, in fondo nonostante tutte le pandemie il percorso dell’uomo è radioso e luminoso (si fa per dire…) e le milionate di ovvietà che riempono il web.
Allora facciamo un rapido conto: se consideriamo il tasso di letalità media sino a oggi mostrato (percentuale di morti su contagiati), che è del 2,4%, e lo estendiamo a tutta la popolazione mondiale – o quanto meno al 90% di essa (una soglia del 90% di immunizzati conferirebbe con sicurezza la cosidetta immunità di gregge) – otterremmo un numero teorico di vittime intorno a 180.000.000 . Al quale aggiungere il default economico che porterebbe appresso povertà e malattie a una buona fetta di scampati alla lotteria della pandemia.
Chi si assume questo costo? Nessuno sano di mente.
Trump fortunatamente è andato via da poco e Bolsonaro, mi auguro di cuore, colga l’occasione e lo segua.
Si è scelta la più darwiniana delle soluzioni, la strategia che determina la maggiore sopravvivenza del genere.
Il web è pieno di pareri, opinioni, discussioni, blog, siti dove si dibatte tutto e il contrario di tutto, in una anarchia ideativa che forse ricorda la torre di Babele. Quest’anarchia concettuale non è come apparentemente può sembrare il trionfo della libertà: è la globalizzazione dell’idiozia. Mancando un sistema di riferimento neutrale e obbiettivo, ognuno ritiene di essere Galileo e di poter dire “eppur si muove”, e questo non è un paradosso in un tempo in cui realtà e virtualità tendono a unificarsi in una miscela esplosiva, che manda in frantumi il cervello di chi è più fragile e possiede meno strumenti.
Senza la competenza, e il riconoscimento della stessa, saremmo rimasti un branco di primati alla mercè di un mondo ostile.
Dedicato a tutti coloro che non ce l’hanno fatta, a quella generazione di padri, madri e di nonne , nonni, che è stata falciata in questi drammatici mesi, portando per sempre via il loro affetto, la loro memoria familiare, i loro sorrisi.
Abbiamo il dovere di trovare soluzioni migliori. Lo dobbiamo a loro.
Dott. Aldo Di Piazza
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