di Mauro Seminara
L’avvocato di parte civile che rappresenta la Ong catalana ha chiuso la conferenza stampa che si è tenuta oggi pomeriggio precisando che nel corso dell’intero periodo il cui epilogo è stato oggi il rinvio a giudizio dell’ex ministro Salvini nessuno ha inteso contattare le parti civili per porgere delle scuse su quanto accaduto. La conferenza stampa della Organizzazione non governativa era stata programmata già qualche giorno addietro, decisamente prima della decisione del giudice per le udienze preliminari che ha visto il leader leghista bastonato con un processo, che inizierà a settembre, per sequestro di persona deciso oggi a Palermo.
Nel corso della conferenza, tenutasi in sede virtuale ma alla presenza di giornalisti italiani e spagnoli, l’avvocato Salerni, legale della Ong, ha messo in fila con disarmante semplicità i fatti oggetto del prossimo processo smontando con un intervento di pochi minuti l’intera tesi difensiva del legale di Salvini. Date e circostanze sono stati offerti ai giornalisti in modo lineare e cronologico, rappresentando così il perché della decisione del giudice che non poteva essere diversa da quella assunta. Anche il tono era decisamente molto più rilassato di quello di Giulia Bongiorno che nel punto stampa tenuto presso la stessa aula bunker ha anche inciampato in una velata accusa alla Procura di Palermo che in modo diametralmente opposto a quella di Catania ha valutato i fatti e chiesto il rinvio a giudizio per il suo assistito. Anche lo stesso senatore Salvini si è sbilanciato aggiungendo che per questa ragione si adopererà su una adeguata riforma della Giustizia. Il nome Palamara è stato più volte pronunciato nel corso di questo intervento.
La decisione del giudice di Palermo è adesso un fulmine, ma non proprio a ciel sereno. Il caso dell’assegnazione dei porti è infatti motivo di tensione anche per l’attuale governo, la cui titolare del Viminale, nel corso dell’audizione sul quasi analogo caso Gregoretti a Catania – sempre Salvini accusato di sequestro di persona – ha dichiarato che adesso il tempo per l’assegnazione di un porto alle navi Ong è di circa due giorni e mezzo. Il modus operandi del governo “Conte II” (M5S-PD) e adesso del governo Draghi di poco si scosta da quello avviato dall’allora ministro degli Interni Minniti. In più, oggi è prassi il Port State Control con cui vengono ispezionate e fermate le navi Ong dopo ogni missione. Alla domanda posta in conferenza stampa su come, con l’estate alle porte e la probabilità di un aumento delle partenze di migranti, questo rinvio a giudizio potrebbe influenzare la politica del governo italiano in carica ha risposto il presidente di Open Arms Italia Riccardo Gatti esprimendo scetticismo. Secondo Gatti sono cambiati molti governi da quando le navi Ong hanno subito la pesante campagna di criminalizzazione e pertanto saranno da giudicare in corso di variazione gli eventuali cambiamenti di rotta dell’esecutivo italiano. Come dire, ci credo poco.
Oscar Camps ha preso la parola sul quesito posto, ricordando che ad inizio missione umanitaria nel Mediterraneo le navi Ong operavano in completa sintonia con la Guardia Costiera italiana e che da un certo periodo in poi questo rapporto è stato rotto e le navi umanitarie sono state oggetto di ogni sorta di criminalizzazione e persecuzione. Nei fatti, la caccia alle Ong ha avuto inizio con il dicastero degli Interni di Marco Minniti, esponente dello stesso Partito Democratico oggi al governo con il premier del Quirinale Mario Draghi. Erano l’anno che precedeva le elezioni politiche e Minniti temeva “per la tenuta democratica” dell’Italia e tentava di chiudere i porti alle navi Ong non riuscendovi a causa del ministro dei Trasporti (Graziano Delrio) che si oppose in modo irremovibile. Venne poi il governo “gialloverde” di Di Maio e Salvini con Giuseppe Conte premier, e le accuse nei confronti dei “taxi del mare” (espressione coniata dal grillino Di Maio) divennero “decreti sicurezza” con spostamenti di autorità tra ministeri. Infine arrivò il ministro-prefetto Luciana Lamorgese, e le navi Ong attesero comunque settimane prima di un porto, fino ad una ottimizzazione di “media due giorni e mezzo”. Ma ancora oggi nessun place of safety (luogo sicuro di sbarco) viene assegnato.
Le navi Ong infatti continuano a non vedere alcuna assunzione di coordinamento SAR dalle autorità italiane come da quelle di Malta ed il porto assegnato è solo un “porto di destinazione”. Stessa procedura di non assunzione di responsabilità su cui l’avvocato di Matteo Salvini tentava di impiantare la propria linea difensiva dinnanzi al Gup di Palermo. Forse ha ragione Riccardo Gatti ad esprimere cauto ottimismo come Oscar Camps a definire questo solo un passo e riconducendo l’attenzione su quanto accade in mare e sull’importanza dei soccorsi. “In questo momento la nostra nave si trova a Pozzallo – spiega il fondatore di Open Arms – e sta subendo una ispezione severissima: noi non sappiamo nulla di politica, a noi importano la protezione e il rispetto delle vite umane”.
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