di Mauro Seminara
Dopo un tentativo che, pare, non sia andato a buon fine per ottenere la solita “succursale” del centro di prima accoglienza in prestito dalla parrocchia di Lampedusa, anche gli ultimi migranti approdati nel pomeriggio sull’isola sono stati trasferiti presso la gremita struttura di contrada Imbriacola. Una enclave del Ministero degli Interni nel mezzo di una vallata, con una sola via d’accesso e di fuga in caso di calamità, come già accaduto per vari incendi dolosi, che da anni attende il completo ripristino con lavori per i quali sono già stati stanziati i fondi. Ma negli ultimi quattro anni la precedenza è stata data agli accordi ed ai “doni” da consegnare alla Libia perché i profughi vengano trattenuti sul territorio di quella frontiera europea delocalizzata, oppure per recuperare quanti partivano per riportarli in quel punto di partenza in cui chiedere asilo o altre forme di protezione internazionale è pressoché inutile. Un luogo di lager con dentro aguzzini che operano vessazioni di ogni sorta, finalizzate all’estorsione, sotto la bandiera dei bravi partner italiani in un progetto di “gestione dei flussi migratori”. Così a Lampedusa basta un capriccio o una disattenzione libica e tutto il dispositivo va in tilt, il centro di prima accoglienza si trasforma in un indegno centro di contenimento affollato oltre cinque volte la sua massima capienza e 439 persone che hanno affrontato un viaggio della morte dopo un periodo di permanenza in Libia si ritrovano a dover trascorrere la notte all’addiaccio sul duro cemento della banchina militare al molo Favarolo.
Le persone contenute dietro il cancello dell’area militarizzata che un tempo fu ormeggio dei pescatori di Lampedusa sono quelle approdate ieri sera con gli ultimi due arrivi della giornata. Sono gli sbarchi di migranti numero 17 e 18, rispettivamente con 352 e 87 persone a bordo. Con questi ultimi due arrivi il sistema a Lampedusa è saltato e l’intera isola è divenuta di nuovo quel teatro di mala gestione ministeriale di un fenomeno antico quanto l’uomo: la migrazione. Nessuna nave quarantena sull’isola – sono arrivate questa mattina – e una sequenza ininterrotta di approdi ha fatti si che a Roma si gridasse “allarme” con subito la proposta classica di quest’epoca: la cabina di regia. In Italia ormai da anni si procede a colpi di cabine di regia ogniqualvolta i funzionari ministeriali e le stesse figure politiche preposte dimostrano di non essere in grado di gestire ciò per cui vengono adeguatamente retribuite. Al Viminale quindi non sono più sufficienti il gabinetto del ministro, tutto il personale di palazzo, le prefetture, le questure, i rapporti con il Ministero dei Trasporti per quel che riguarda la Guardia Costiera e quelli con Frontex e il Ministero della Difesa per la Marina Militare che opera a Tripoli. Neanche il Dipartimento Immigrazione e Libertà Civili è più sufficiente a gestire e prevenire simili momenti di magra figura per un Paese del G7, quindi ci vuole una “cabina di regia”. Un ulteriore dispendio di risorse e tempo per accentrare, con gli inevitabili conflitti di competenze che ne conseguono, tutta la gestione prima interna ai dipartimenti ministeriali su soggetti estemporanei messi in campo forse solo per distogliere l’attenzione dall’inadeguatezza che caratterizza adesso anche il cosiddetto “Governo dei migliori”.
Commenta per primo