Alla fine la protesta dei trattori siciliani arriva nel capoluogo, ma divisa in due diverse manifestazioni. La prima in programma per il 20 marzo, con raduno a piazza Marina e punto di arrivo in piazza Indipendenza, quindi davanti la sede della Presidenza della Regione Siciliana. La seconda il 22, appena due giorni dopo, e malgrado incerta la piazza di raduno, pare abbia la stessa meta. Per la prima delle due manifestazioni del comparto agroalimentare, che causerà inevitabile congestione al traffico di Palermo, la previsione degli organizzatori è tra quattromila e cinquemila persone e – per motivi organizzativi, autorizzati – circa trenta simbolici trattori.
Due diversi cortei, due movimenti del comparto, due giorni di trattori a Palermo: i “Comitati spontanei uniti” mercoledì 20 e “La Sicilia alza la voce” venerdì 22 marzo. “Il fatto che ci sono due manifestazioni può essere un motivo in più per rafforzare la protesta”, spiega a Mediterraneo Cronaca uno dei promotori dei Comitati spontanei uniti, Salvatore Cappadonia, sottolineando che “non è una divisione degli agricoltori, perché gli agricoltori protestano tutti per la stessa ragione” e ancora: “non è un atto divisivo ma la possibilità per tutti di rivendicare le proprie istanze ed interloquire con le istituzioni”. Il dialogo tra i due distinti movimenti c’é stato, ma divergenze di opinione, o di modus operandi, non avrebbero prodotto un’intesa tale da unire tutti sotto un’unica bandiera.
Le divergenze non tolgono però i motivi della protesta del comparto agroalimentare siciliano che continua a marciare, a passo di trattore, verso la presidenza della Regione Siciliana quale tramite istituzionale per le richieste dirette al governo nazionale e poi, sempre più su, all’Unione europea. “Innanzitutto – dice Cappadonia – chiediamo che si faccia un tavolo di crisi per quello che riguarda la crisi di mercato, per cominciare a lavorare a delle soluzione per dare subito delle risposte concrete a questa crisi cronica che ci portiamo dietro ormai da un decennio”. Al centro della protesta e delle istanze che la accompagnano c’é sempre la concorrenza sleale di quelle che Salvatore Cappadonia – imprenditore agricolo di Cerda, la patria del carciofo siciliano in provincia di Palermo – definisce “importazioni selvagge” cui dover porre dei limiti.
Il comparto siciliano dell’agroalimentare risente dell’importazione di prodotti che arrivano dall’estero con alle spalle tre caratteristiche inaccettabili per i produttori nostrani: il costo del lavoro sensibilmente più basso nei paesi d’origine, un cuneo fiscale troppo competitivo per le aziende agricole italiane, l’uso di fitofarmaci vietati nel nostro paese e pericolosi per la salute dei consumatori. “Bisogna porre dei limiti alle importazioni selvagge di tutti quei prodotti che noi già produciamo in Sicilia e che arrivano da quei paesi che non osservano le procedure di coltivazione e non hanno le limitazioni che abbiamo noi agricoltori siciliani e italiani e che porta ad una iniquità commerciale”. Alla manifestazione del 20 marzo aderiscono aziende agricole delle Madonie, alte e basse, della Valle del Torto, di Resuttano, Dittaino, Cammarata, dei Nebrodi, e si prevede anche la presenze di sindaci dei comuni aderenti ai Comitati Spontanei Uniti.
Commenta per primo