Operazione “Ianus”, un giro di droghe e mafie tra Sicilia e Calabria

Dai gruppi stiddari Rinzivillo ed Emmanuello, gli investigatori sono arrivati fino alla Piana di Gioia Tauro, in particolare a Polistena, dove hanno trovato la 'ndrina dei Longo quali fornitori di cocaina ai gelesi

Armi, esplosivo, scambi di droga tra cosche siciliane e ‘ndrine calabresi, giri d’affari da milioni di euro. Questo sommariamente il bilancio delle indagini che hanno prodotto l’ordinanza del giudice per le indagini preliminari a seguito della quale sono stati tratti in arresto 55 soggetti tra varie province, siciliane ed anche calabresi. Le indagini risalgono al 2018. Sei anni nei quali le forze dell’ordine, coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia della Procura della Repubblica di Caltanissetta, hanno monitorato attività illecite nel territorio, in particolare quello di Gela, ricostruendo la rete di soggetti legati dal malaffare e gli affari che conducevano. Uno dei più redditizi era certamente quello del traffico di droga. Su questo particolare filone di indagine è quindi emerso che tra le cosche siciliane e le ‘ndrine calabresi si intrattenevano rapporti volti a soddisfare le esigenze di mercato attraverso scambi di forniture regolati sulle rispettive specialità. Dalla Calabria arrivava così la cocaina, mentre dal cuore della Sicilia veniva fornita in contropartita la marijuana.

Una bomba ha fatto intervenire la DDA

La ricostruzione degli inquirenti procedeva, fino a quando un evento ha causato una accelerazione da cui è poi nata l’operazione: uno degli indagati era in possesso di un ordigno esplosivo rudimentale e le intercettazioni confermavano la pericolosità del soggetto e la necessità di intervenire per scongiurare gravi circostanze. L’indagato è stato quindi inevitabilmente arrestato e l’ordigno fatto brillare dagli artificieri della Polizia di Stato. L’attività investigativa a questo punto rischiava di essere bruciata dall’uscita allo scoperto dello Stato per fermare uno degli indagati e disinnescare la bomba. Gli indizi e le prove raccolte dagli agenti della Squadra Mobile, S.I.S.C.O. Caltanissetta e Commissariato di P.S. di Gela, sono stati giudicati solidi dal giudice per le indagini preliminari ed hanno consentito l’ordinanza con cui 500 uomini della Polizia di Stato hanno eseguito le misure cautelari.

Ianus, Giano Bifronte

Sotto la lente di ingrandimento della DDA c’erano, in piena operatività, due clan mafiosi del territorio di Gela: il gruppo Rinzivillo e il gruppo Emmanuello. Il Giano Bifronte della mafia gelese, l’antica divinità Ianus che ha dato il nome all’operazione. Il clan mafioso di Gela era impegnato nella costruzione di serre al cui interno coltivava marijuana. La produzione, in importanti quantitativi, soddisfaceva anche la funzione di merce di scambio per altro genere di droghe, come la cocaina. Scambi commerciali che i produttori gelesi di marijuana intrattenevano con cosche del catanese e della provincia di Reggio Calabria. Quest’ultima ormai nota per la forza di importazione della cocaina. I rapporti tra Cosa nostra e la Stidda, organizzazione mafiosa di Gela, sono stati scoperti e sono stati anche intercettati incontri tra i rispettivi vertici.

Nella foto sotto, un momento della conferenza stampa di ieri sull’operazione Ianus a Caltanissetta

Una industria di droghe con rete commerciale

Il contenuto di intercettazioni delle conversazioni tra gli indagati ieri tratti in arresto, ha trovato riscontro in numerosi sequestri di marijuana conseguentemente posti in essere dalle forze dell’ordine. Il quantitativo complessivo dei sequestri a riscontro delle intercettazioni si attesta intorno ai mille chili di marijuana. Le stesse intercettazioni, suffragate dai sequestri di marijuana, hanno fornito agli inquirenti una stima del giro di cocaina messa sul mercato: tra uno e due chili a settimana. Un giro, per la sola piazza dei produttori di marijuana in serra, di milioni di euro.

Ramificazioni lunghe tra cosche, droghe e armi

Dai gruppi stiddari Rinzivillo ed Emmanuello, gli investigatori sono così arrivati fino alla Piana di Gioia Tauro, in particolare a Polistena, dove hanno trovato la ‘ndrina dei Longo quali fornitori di cocaina ai gelesi. Questa ramificazione degli affari sul narcotraffico passava anche da Catania, dove altra cosca era parte del giro di prodotti su cui le rispettive organizzazioni erano specializzate: la marijuana nel gelese, l’hashish nel catanese e la cocaina nel reggino. Il giro d’affari era però probabilmente supportato da un non indifferente potenza di fuoco delle organizzazioni. Oltre all’ordigno esplosivo rudimentale che ha fatto scattare l’arresto per motivi di sicurezza, sono state trovate armi. Tra queste anche armi automatiche classificate come armi da guerra.

La maxi operazione, un esercito in campo

La notte tra domenica e lunedì, gli agenti della Polizia di Stato, al termine del briefing con la Direzione Distrettuale Antimafia di Caltanissetta, sono partiti per l’esecuzione delle misure cautelari detentive emesse dal giudice per le indagini preliminari di Caltanissetta, su richiesta della DDA della Procura della Repubblica nissena. Esecuzione già in corso all’alba di lunedì per 55 soggetti dei quali 32 gelesi, 4 di Catania, 4 di Palermo, 12 della provincia di Agrigento e 3 della provincia di Reggio Calabria. I reati contestati sono di associazione per delinquere di stampo mafioso, intestazione fittizia di beni, estorsione e traffico di sostanze stupefacenti. Oltre alle misure cautelari, la Polizia di Stato ha proceduto al sequestro preventivo di una villa con piscina sita a Gela e di un’auto di grossa cilindrata.

Il plauso di Sicindustria

Sicindustria Caltanissetta ha espresso ieri il proprio plauso alla Polizia di Stato per l’esecuzione delle 55 misure cautelari per i reati di associazione di tipo mafioso, intestazione fittizia di beni, estorsione e traffico di sostanze stupefacenti. “Ciò che è emerso dall’operazione Ianus – commenta Domenico Lorefice, presidente degli industriali nisseni – è la piena operatività dei due gruppi mafiosi presenti in questo territorio, i Rinzivillo e gli Emmanuello. È evidente dunque come la mafia continui a mostrare elementi di vitalità che noi abbiamo il dovere di contrastare con ogni mezzo. Lo Stato, con tutte le sue articolazioni, ha dimostrato ancora una volta di essere presente. A noi imprenditori, il compito di non abbassare mai la guardia”.

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