Luigi Di Maio e Matteo Renzi si giocano tutto martedì sera nel corso del programma di Giovanni Floris su La7. Se fosse un poker Texas Hold’em varrebbe l’equivalente di “All-in”. Il candidato in pectore del Movimento Cinque Stelle alla Presidenza del Consiglio dei ministri, impegnato nel tour elettorale di Giancarlo Cancelleri per la corsa alla Presidenza della Regione Sicilia, aveva puntato il dito su Matteo Renzi asserendo pubblicamente che tra il segretario del Partito Democratico ed il leader di Forza Italia Silvio Berlusconi ci sarebbe un patto sulle regionali siciliane. La voce girava già da qualche giorno, ma erano rumors secondo cui la cordata di Renzi sarebbe pronta a dirottare i voti sul candidato del centrodestra Nello Musumeci più che sul candidato di partito Fabrizio Micari. Il segretario Dem aveva smentito definendo “Fake News” quelle dell’avversario politico Di Maio. Il colpo di scena arriva ieri in una rapida sequenza di tweet. Luigi Di Maio invita sul social ad un confronto Tv il segretario del PD Matteo Renzi: “Non è una fake news: @matteorenzi ha un accordo per spartirsi la Sicilia e l’Italia con Berlusconi. Voglio un confronto tv dopo il 5. Ci stai?”
Non è una fake news: @matteorenzi ha un accordo per spartirsi la Sicilia e l'Italia con Berlusconi
Voglio un confronto tv dopo il 5
Ci stai?— Luigi Di Maio (@luigidimaio) 2 novembre 2017
A breve giro arriva la risposta di Matteo Renzi e manca solo la colonna sonora di Mezzogiorno di fuoco: “Ok, Di Maio, accolgo la tua sfida. Mi va bene martedì 7 novembre. Decidiamo se farlo in Rai o su altra rete televisiva. Io ci sono. #AVANTI”.
Ok, Di Maio, accolgo la tua sfida. Mi va bene martedì 7 novembre. Decidiamo se farlo in Rai o su altra rete televisiva. Io ci sono. #AVANTI
— Matteo Renzi (@matteorenzi) 2 novembre 2017
Mancano quindi soltanto ora e luogo. Problema presto risolto da Di Maio che propone il programma di Giovanni Floris su La7 e chiude poi la simpatica querelle con i saluti dalla Sicilia che lasciano intravedere una certa sicurezza sull’esito delle elezioni di domenica: “Va bene martedì 7 novembre da @diMartedi con Giovanni Floris. È la più vista in prima serata Saluti dalla Sicilia: qui il 5 novembre si vota”
Va bene martedì 7 novembre da @diMartedi con Giovanni Floris. È la più vista in prima serata
Saluti dalla Sicilia: qui il 5 novembre si vota— Luigi Di Maio (@luigidimaio) 2 novembre 2017
Mentre Matteo Renzi annuncia con un altro tweet di aver raccolto il guanto della sfida lanciato da Luigi Di Maio, il candidato premier del Movimento Cinque Stelle si trova a Niscemi, in Sicilia, per l’ennesimo comizio elettorale di una campagna estenuante al fianco di Giancarlo Cancelleri.
Ho accolto la sfida del candidato premier del Movimento Cinque Stelle. A martedì sera, amici https://t.co/u4bLLpKwUK
— Matteo Renzi (@matteorenzi) 2 novembre 2017
È dal palco del comune nisseno che Di Maio annuncia dal canto suo la sfida accolta da Renzi, ma con una dura premessa: “In questi giorni a Roma, quella che era la sinistra, il Partito Democratico, e quella che era la destra, Forza Italia, hanno fatto un accordo per spartirsi il Paese e la Sicilia. Oggi si sono votati un Decreto sulle intercettazioni telefoniche per salvarsi dai processi. La settimana scorsa si sono votati una Legge elettorale credendo di potersi salvare dalla sconfitta elettorale, ed in queste ore abbiamo notizie di candidati del centrosinistra che stanno trasferendo voti al candidato presidente del centrodestra. Tutto per dividersi il potere e resistere a Giancarlo Cancelleri ed al Movimento Cinque Stelle. Io vi dico una cosa: non ne posso più della loro ipocrisia, e per questo ho sfidato Renzi ad un confronto. Lui ha accettato e martedì ci sarà questo confronto su questo tema”. All’annuncio di Di Maio il teatro che li ospitava è esploso come una curva quando segna il bomber della squadra tifata. La bordata di Luigi di Maio era carica e tesa, tanto da lasciar pensare ad un asso nella manica. Come se la carica di Luigi Di Maio fosse quella di chi è certo dell’altrui Caporetto.
Da Niscemi il candidato premier pentastellato ha anche preso la mira di Silvio Berlusconi rispondendo alle asserzioni che il leader di Forza Italia aveva appena pronunciato all’indirizzo di Di Maio dal suo palco elettorale di Catania: “Berlusconi ha detto da Catania che Luigi Di Maio è diventato vicepresidente con 159 telefonate. Io voglio rispondere al presidente Berlusconi dicendo che noi del Movimento Cinque Stelle per prendere i voti non solo non abbiamo bisogno delle telefonate ma, a differenza sua, di Nello Musumeci e di Forza Italia, non abbiamo neanche bisogno dei voti dei galeotti, dei corrotti e dei mafiosi”.
Arringhe finali di una campagna elettorale agguerrita in cui non si risparmiano i fendenti da nessuna delle parti. ma nelle ultime ore sembra che il Movimento Cinque Stelle abbia cambiato un po’ il passo. In ogni caso, resta che al netto di quello che sarà il risultato di domenica e di cui si avrà certezza lunedì mattina, al programma di Floris “diMartedì” i due leader si giocheranno tutto ed uno dei due siederà nell’angolo del ring già sconfitto in Sicilia. Se dovesse perdere le regionali il Movimento Cinque Stelle sarebbe mortificante dover ricevere le battute canzonatorie di Matteo Renzi. Se dovesse invece vincere in Sicilia il M5S, quindi uscire sconfitta la coalizione di centrodestra, per Renzi sarebbe probabile anche la rinuncia alla segreteria del Partito Democratico. Il filo che lega la poltrona di Renzi al Nazareno e la vittoria di Musumeci in Sicilia passa per la recente pesantissima uscita dal partito di quel Pietro Grasso che il PD aveva proposto quale candidato alla Presidenza della Regione Sicilia. La decisione del presidente del Senato di declinare l’invito, la forzata candidatura di Fabrizio Micari, l’addio al Partito Democratico di Pietro Grasso e la denuncia di supporto elettorale delle fila renziane al candidato di Berlusconi, messe in fila e per ordine cronologico, potrebbero valere un Patto del Nazareno che arriva fino alle regionali siciliane e si ferma definitivamente per revoca della fiducia all’interno del PD di Renzi che, in tal caso, avrebbe condotto il partito dritto negli abissi senza possibilità di risalire in tempo per le elezioni politiche di primavera.
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