Le immagini della strage di migranti del 3 ottobre 2013, a Lampedusa, avevano eclissato quella avvenuta pochi giorni dopo in acque internazionali tra Lampedusa e Malta. A distanza di quattro anni ancora si indaga ed il Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Roma, Giovanni Giorgianni, ha appena respinto la richiesta di archiviazione. L’inchiesta riguarda la morte di 268 persone e un quarto di queste, circa sessanta, erano bambini. Tra gli indagati ci sono anche ufficiali e sottufficiali della Marina militare italiana ed ufficiali della Guardia Costiera italiana. Il caso attiene ad’una possibile omissione di soccorso volontaria ordinata da Roma per un braccio di ferro politico tra Italia e Malta sulla competenza del soccorso. A colare a picco, sul fondo del Mar Mediterraneo, è stato un barcone con a bordo circa 480 profughi siriani. Poco più di venti i corpi recuperati, il resto delle vittime giace ancora sul fondo del mare. La barca era in condizioni precarie dovute al sovraccarico di persone che abbassava drasticamente la linea di galleggiamento e soprattutto ai fori causati dalla raffica di mitra esplosa da una motovedetta libica. Il barcone alla fine ha ceduto inabissandosi nel Mediterraneo. Tra i protagonisti dell’inchiesta, su cui era stata posta istanza di archiviazione, anche la comandante di nave Libra che il pubblico del piccolo schermo conobbe grazie ad un documentario Rai. La nave della Marina Militare si trovava a distanza utile per un intervento tempestivo, ma al suo comandante era stato ordinato di non intervenire e di allontanarsi dal barcone tanto da non poter essere avvistata dal punto nave dei siriani che chiesero soccorso. Affondato il barcone con i profughi siriani a bordo si è profilata l’omissione di soccorso su cui è doveroso far luce e per cui i PM romani avevano invece chiesto l’archiviazione.
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