Mancano poco circa 48 ore alla fine di questo anno inconsistente e falso. Il presidente della Repubblica ha già sciolto le Camere e a breve terrà il suo consueto discorso di fine anno mentre dal Consiglio dei ministri è già stato concordato il 4 marzo per le tanto agognate elezioni politiche. Quanto sarebbe bello uno di quei discorsi che il caro presidente Sandro Pertini soltanto era in grado di fare, a braccio e di pancia. Non potremo certo aspettarci simili esternazioni da parte di Sergio Mattarella. Anzi, probabilmente ascolteremo un discorso che rischierà di farci svegliare nel 2018 con le bottiglie ancora tappate. In ogni caso, la rima è presumibile grazie alla rendicontazione resa dal presidente del Consiglio dei ministri al Parlamento: va tutto bene! C’è perfino chi prova a metterci il cappello sopra a questo “va tutto bene”. Per l’ex premier, il segretario del Partito Democratico, la ripresa dell’Italia è anche o principalmente merito suo, o comunque del suo partito. Ma quale dovrebbe essere questa “ripresa”? Il PIL non è negativo? Cresciamo dello zerovirgolazeroqualcosa? La crisi che ci ha messo sulle ginocchia, che è stata causa di suicidi che neanche un bollettino di guerra, che ha ridotto drasticamente consumi e produzione, che ha decimato l’occupazione, che ha depredato i servizi che per obbligo costituzionale dovrebbero essere erogati gratuitamente, in linea di principio non poteva durare per sempre. L’Italia quindi avrebbe dovuto vedere una luce in fondo al tunnel anche se il Parlamento fosse stato occupato dai senzatetto a cui vengono consegnate case inagibili ed il Governo composto da pastori con tanto di pecore al seguito durante i Consigli dei ministri. Gli italiani, in questi anni, hanno imparato a vivere con uno stile di vita ridimensionato. Al limite del solo necessario. Chiaro che riprogrammate le economie familiari risalgono anche i consumi. Almeno quelli che riguardano l’indispensabile. Che poi, la produzione italiana è risalita grazie alle esportazioni e non certo per lo shopping in casa. In estrema sintesi, siamo semplicemente sopravvissuti alla crisi giunta da oltreoceano. Una crisi che riguardava le banche ed il modo in cui queste giocano con i titoli, i titoli derivati e le scommesse sui titoli derivati, già di per se mere scommesse. Nulla a che fare con l’economia reale. Ovviamente, la crisi è stata provvisoriamente scongiurata ma alle banche non è stata imposta nessuna nuova regola per prevenire la prossima “bolla”. Che bel nome: bolla. Nome alternativo di “bubbone”… che scoppia.
Dopo la dipartita immediata del mai nato Governo Bersani, quella altrettanto prematura del Governo Letta, la relativamente breve parentesi del Governo Renzi ed il Governo Gentiloni altrimenti detto “Renzi Bis”, arriva finalmente il momento del voto. Gli italiani potranno scegliere! Ma chi? Tra le più accreditate ipotesi c’è la larga alleanza del centrodestra capitanata dall’highlander Silvio Berlusconi. Ma Berlusconi non sarà potenziale premier, e per quanto sappia mettere insieme le parti dovrà comunque proporre un uomo per la guida del Governo. Potrebbe quindi verificarsi, in caso di vittoria della sacra larga alleanza di centrodestra, lo stesso fenomeno a cui stiamo già assistendo in Sicilia. Il Partito Democratico, incapace di mediazione politica con l’originale area di appartenenza, resta adesso più isolato del Movimento Cinque Stelle, ma con molti voti in meno. Il Cinque Stelle punta alla maggioranza in solitaria che tutto sommato potrebbe anche raggiungere ma senza garanzie di governo a meno che le altre parti non accettino il programma pentastellato. Non c’è quindi aria di elezioni valide e di politiche nazionali ad interesse esclusivo della nazione. Tutti proveranno a vincere, con qualunque mezzo, anche con la pessima legge elettorale battezzata “Rosatellum”, ma nessuno si pone realmente il problema di dire agli italiani dove si sta andando. Intendiamoci, “andando” nel senso di politiche interne ed internazionali, di welfare, di agevolazioni alle imprese, di cuneo fiscale, non nel senso di andare in Niger a fare da secondi ai francesi per non perdere terreno in una nuova epoca colonialista nella quale però non si comprende neanche più “con chi stiamo”. Sappiamo che i nostri padroncini faranno di tutto per impedire che in Italia vinca chi l’indomani potrebbe aprire a rapporti con la Russia alla luce del sole. Dalla Russia però, come dalla Cina, arrivano input sulla potenziale sopravvivenza del Paese che dovrebbe di contro fare un passo indietro sulla riverente fedeltà alle politiche del Fondo Monetario Internazionale, della Banca Centrale Europea e del Meccanismo Europeo di Stabilità. Il futuro, che piaccia o meno, è nel Mediterraneo. Un’area in cui convergono adesso tutti gli interessi mondiali e che sta anche mutando mentre in Italia, come in Europa, ci si illude che tutto sta al proprio posto. Ma la spinta che gli alti strateghi dell’economia mondiale credevano di aver inibito con l’esecuzione di Muammar Gheddafi nel 2011 sta riprendendo corpo. Adesso alla guida ci sono Recep Tayyip Erdogan, Abd al-Fattah al-Sisi e Khalifa Haftar. Che piaccia o no, questi tre stanno ricostituendo il fronte arabo del Mediterraneo.
In Italia siamo agli sgoccioli dell’anno e della legislatura, con le Camere appena sciolte dal presidente della Repubblica, salvo riunirsi in commissione per le iniziative militari. Adesso, quella interminabile campagna elettorale quinquennale entra nel vivo della sua ufficialità. Ascolteremo di tutto nei prossimi due mesi. Ogni leader presenterà promesse elettorali che ad Antonio Albanese toccherà rifare Cetto La Qualunqe con un bel up grade. Chi proporrà mille euro al mese a tutti e chi garantirà lavoro per tutti. Chi assicurerà la legalità e chi senza problemi morali proporrà l’impunità. Al centro del dibattito ascolteremo farse come quella sullo Ius soli e sui vitalizi fino ad averne la nausea il 3 marzo e con tanto di mal di testa voteremo il giorno successivo. Tutti d’accordo però sull’astensionismo. Quello va coltivato da tutti, destra, sinistra e centro. Perché se gli italiani dovessero andare in massa alle urne verrebbe meno il super piano strategico: Gentiloni bis! Il mantenimento dello status quo è la parola d’ordine per tutti, o quasi. A dare il proprio aiutino ci penseranno poi i media. Vedremo Matteo Renzi, Silvio Berlusconi e Matteo Salvini e Giorgia Meloni, Luigi Di Maio e Pietro Grasso con Laura Boldrini ovunque. Anche qui avremo probabile nausea, ma degli outsiders non ne sentiremo parlare. Come non sentiremo parlare di veri programmi elettorali. Basterà ascoltare Silvio Berlusconi e Matteo Renzi per riuscire quasi a vederla l’Italia che lavora, che funziona, in cui il popolo è ricco e i lavoratori avranno le giuste garanzie, in cui la sanità sarà pubblica e di buon livello e la luce ed il gas costeranno meno. Intanto, a Camere sciolte e in apertura di campagna elettorale gli aumenti, proprio di gas e luce, saranno in media del 5%. Senza dimenticare che i due grandi affabulatori – forse più quello anziano visto che l’altro pare parecchio spompato – hanno già dimostrato di non essere in grado di cambiare le sorti di questo triste Paese. Festeggeremo capodanno, poi accenderemo i nostri bei televisori, che a breve avranno bisogno di un nuovo decoder anche se li abbiamo comprati ieri, ed inizieremo a vedere il mercante in fiera con tutte le sue figure. Perché bisogna comunque vincerle queste maledette elezioni. Qualcuno dovrà pur garantire i padroni non eletti del mondo che anche in Italia spoglieremo il popolo e sposeremo la schiavitù. L’economia si muove quando il popolo si sente rassicurato sulla continuità del rapporto “lavoro-guadagno” e quindi progetta, investe, spende il profitto del proprio sudore. Ma il precariato non è la soluzione alla stabilità economica, al gettito fiscale, alla copertura del fondo pensioni. Dalla flessibilità traggono vantaggio solo poche multimiliardarie imprese, e magari hanno anche sede all’estero in qualche paradiso fiscale. Buon discorso di fine anno presidente Mattarella. Ci faccia emozionare, ci dica la verità.
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