Era una domenica mattina. Un profumo inconfondibile si insinuava fin nel buco della serratura per giungere alle mie narici ancora bramose di sonno.
Salvia, rosmarino, chiodi di garofano, sedano, carota e cipolla debitamente annaffiati da un corposo vino rosso. Era presto ma ci voleva tempo affinché le magre carni del coniglio si arricchissero di quell’intingolo opulento mai scevro d’amore e pazienza.
Ne avrebbe beneficiato presto anche la sua sposa perfetta: la polenta! Quella vera, da fare con paiolo ed olio di gomito.
Sapete però cosa c’era di strano quella domenica? Era agosto e Burian era solo il nome del cane della villetta al mare accanto alla nostra (o era Furian, Murian…insomma ci somigliava).
Anche la villetta in realtà non era proprio nostra ma i ricordi sono ancora così presenti e costanti da non poterla percepire diversamente.
Le mie estati cominciavano con la chiusura delle scuole e finivano a settembre. Direte “normale”, ma non è così! Forse perché per me non lo è più da quegli anni. Era l’estate quella vera, con la sabbia che ti accompagnava fin nelle lenzuola perché la casa “era” sulla sabbia. L’estate senza elettricità con l’acqua tirata dal pozzo, l’estate di zii e cugini rimpatriati dal nord. Era l’estate selvaggia di un profondo Mediterraneo. La casa, anzi le “case” dei parenti si trovavano, l’una accanto all’altra, in un’unica trazzera che portava dritta al mare. Nessuna di esse ci apparteneva ma ci appartenevano tutte.
Spiegare quest’arcano è semplice come una parola: famiglia.
C’era sempre un letto in più e, se si trattava di un materasso poggiato per terra era pure meglio visto che…certo, climatizzatori?? In quel profondo Mediterraneo, l’unico “fresco” che si portava a casa per conservare il cibo, era il ghiaccio che si prendeva al mercato del pesce del paesino vicino. Si andava una volta a settimana: tutti i cugini, tutti, con la Peugeot Talbot dello zio Angelo che aveva 33 anni (per me lo zio Angelo ha 33 anni anche adesso che ne ha più del doppio e un decimo dei capelli) e ascoltava “Pop Corn e patatine” di Nino D’angelo.
Ah! Come cantavano il napoletano i cugini bergamaschi, nessuno!
Il pomeriggio, durante la pennichella degli adulti, si facevano le prove per lo spettacolo che avremmo messo in scena a fine estate. La sera, con le candele e i lumi a gas, si giocava tutti in cerchio a “Pipi, pipiolu, cucuzza e pummaroru” (prima o poi farò un pezzo su questo gioco), e la domenica si mangiava il coniglio con la polenta alla bergamasca.
Qualche freddo giorno fa, ho ricordato uno di quei torridi pomeriggi: il mio fratellino di due anni sparisce dalla nostra vista.
Anche se non c’erano auto o altri pericoli, se non le scale che portavano al terrazzo, ed erano trascorsi pochi secondi, una madre attenta e apprensiva come la mia aveva già fatto scattare l’allarme! Io, “piccola mamma” undicenne, avevo già un nodo alla gola che lasciò però il posto ad un sorriso quando lo sorpresi a correre verso la duna di sabbia che portava alla spiaggia.
Con indosso solo il pannolino mi vide e scappò ancora più veloce! Risi al punto da non riuscire a dire subito a mia madre di averlo ritrovato.
Sono trascorsi tanti anni da quel giorno. Quel bimbo esploratore è adesso un uomo che il lavoro ha portato lontano e la domenica è assai più probabile che mangi il coniglio con la polenta.
Io però so, che quando quei sapori incontrano il suo palato, anche lui torna laggiù, a quelle estati.
Le sue nuove dune bianche di neve torneranno ancora ad essere sabbia calda e dorata.
E sarà CASA.
Coniglio con la polenta alla bergamasca
Preparazione:
Lavare e asciugare il coniglio e poi tagliarlo a pezzi.
Tritare grossolanamente carota, sedano e cipolla.
Mettere in un recipiente il coniglio, le verdure, la salvia, il rosmarino e i chiodi di garofano.
Versare il vino rosso, coprire e si lasciare in frigorifero per almeno un’ora.
Scolare la carne dalla marinata farla rosolare a fuoco vivace in un tegame con il burro e qualche cucchiaio di olio.
Filtrare il vino della marinata e, quando il coniglio è ben rosolato, versarlo nel tegame facendo evaporare bene l’alcol. Aggiustare di sale e pepe ed aggiungere i pezzetti di verdure della marinata. Bagnare con brodo bollente, e far cuocere il tutto per circa 1 ora e mezza.
(Girare il coniglio di tanto in tanto bagnando con altro brodo se il fondo di cottura tendesse ad asciugarsi troppo)
Mentre la carne cuoce preparare la polenta.
In un paiolo, far bollire l’acqua salata e aggiungere a pioggia la farina gialla. Far cuocere a fuoco basso per 45 minuti, mescolando spesso con un cucchiaio di legno.
Quando la carne del coniglio è diventata tenera, toglierla dal tegame e passare il fondo di cottura e verdure al setaccio.
Versare la salsa ottenuta sulla carne e servire con la polenta calda.
Buon appetito.
Commenta per primo